Un’analisi relativa alle variabili economiche che hanno influito sul voto siciliano, in occasione delle elezioni europee, deve partire da una premessa. Alle ultime elezioni regionali (2012), ha votato solo il 47% degli aventi diritto. Crocetta vinse con il 30,5% dei voti validi che però sul totale dei votanti rappresentavano il 14% degli elettori. Oggi, il PD siciliano risulta il primo partito nelle Europee 2014 che registrano un tasso di astensione pari al 57% su un totale di 4 milioni e trecento mila elettori cui vanno aggiunte le schede bianche e nulle sicché si giunge ad una percentuale di voto valido minore del 40%. Con circa 160 mila voti in più rispetto alle Europee del 2009 (tasso di astensione pari al 65%). Ma con soli 100 mila voti in più rispetto alle elezioni della Camera 2013 che registrarono un tasso di astensione pari al 25%. Esaltante vittoria? Teniamo conto che il Movimento 5 Stelle, nello stesso arco temporale, ha perso ben 400 mila voti e Forza Italia, a sua volta, 300 mila preferenze. Quindi più che di un trionfo del PD in Sicilia forse occorrerebbe parlare di una buona tenuta in una situazione di fuga del voto dai partiti.
Torniamo al tema iniziale: la rassegna di motivazioni strettamente economiche che abbiano potuto influire sull’esito delle consultazioni, relativamente all’aumento del tasso di astensione (già a livello d’allarme, come abbiamo visto nelle precedenti elezioni regionali), al rafforzamento del PD, sia pure in misura modesta (centomila voti in più su un milione e settecento mila voti), a quella che consideriamo una sorta di tracollo del Movimento 5 Stelle (la fuga di ben 400 mila voti).
Proviamo a mettere, in un ideale tavolo delle idee, possibili ipotesi. Escludiamo ovviamente che il differenziale positivo di voti attribuito al PD attesti riconoscimenti all’azione del Governo Crocetta. Piuttosto, un effetto Renzi, sia pure come abbiamo letto, in misura ridotta rispetto ad altre realtà territoriali, che si è tradotto in un investimento di fiducia sul Partito Democratico. Nel quale, non dimentichiamo, si presentavano candidati al tempo stesso forti, nuovi (almeno tale in Sicilia era Soru) e per la gran parte attraenti. Con riferimento al Movimento 5 Stelle, c’è invece un disinvestimento di credito. Causato, intanto, dalla delusione per un ruolo all’interno dell’Assemblea Regionale ritenuto troppo consociativo. E, poi, forse, un complesso di paura per posizioni di rigore assunte contro precari, pensionati, quadri regionali. Ma, ancora, da un impatto di rimbalzo derivante dalla mancanza di ruolo e di potere decisionale nel Parlamento romano.
Proviamo ad approfondire.
Nelle elezioni europee il voto di opinione – era tradizione – ha sempre prevalso su quello di scambio. Oggi, il voto di protesta è stato probabilmente espresso, piuttosto che come adesione al M5S, in forme di astensione. Quest’ultima era considerata prima la scelta di chi non sapeva come votare. Ora è dichiaratamente una tipologia di preferenza che indica disistima nei confronti della classe politica. Sobillata nel nostro caso da una situazione di disagio come quella dovuta al mancato pagamento degli stipendi.
Andiamo a tentare qualche conclusione. Il voto per le elezioni europee in Sicilia dovrebbe essere interpretato fuori dalle logiche di partito. E’ un voto che “parla”. Conferma il permanere di una ideologia radicata nel territorio, quella di sinistra, che approfitta di una vecchia massima: quando la marea sale solleva tutti i battelli. Ma ci dice anche un progressivo disfacimento della Sicilia come sistema. Una regione dove non si riesce a trovare lavoro, da dove è necessario partire per tentare di trovarlo (si vedano i dati forniti dal portale nazionale della Garanzia Giovani accedendo al quale il 35% dei giovani siciliani dichiara di voler essere accompagnato al lavoro in una regione diversa dalla Sicilia), dove si discute non più di quello che Cosa Nostra fa ma di quello che ha fatto negli anni passati, dove non si vota. Una regione bloccata, nei suoi possibili conati di rinnovamento, da un’Assemblea che, per leggi scritte sulle tavole di Mosè, non può sciogliersi per i prossimi tre anni. Semmai ci si può limitare periodicamente a sostituire assessori grati dell’esperienza che per alcuni fa curriculum (Auguri all’ex Assessore al Bilancio, Luca Bianchi, ora nominato Capo dell’Ufficio Affari Internazionali del Ministero dell’Agricoltura).
L’effetto Renzi (sul quale ha influito, non poco, la politica degli 80 euro) godrà di un moltiplicatore marca Trinacria?
Non resta che augurarsi che ciò avvenga prima che la Sicilia divenga una regione di pensionati, i quali, al momento, è bene ricordarlo, sembrano, forse per un difetto di comunicazione, temere un effetto Grillo che tende a “criminalizzarli” come percettori di rendite indebite. Privi ormai del talismano Berlusconi ed ancora non beneficiati della monetizzazione legata all’effetto Renzi. Tra la paura e l’attesa forse domenica scorsa sono tra quelli che sono rimasti a casa.