Inchieste, polemiche e fedelissimi | Crocetta e i carrozzoni porta guai - Live Sicilia

Inchieste, polemiche e fedelissimi | Crocetta e i carrozzoni porta guai

Il governatore avrebbe dovuto chiuderle. Invece sono state fonti di scandali e grattacapi.

IL DOSSIER PARTECIPATE
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PALERMO – Voleva chiuderle tutte, o quasi. E forse oggi si è pentito di non averlo fatto. Le società partecipate della Regione, infatti, sono state per Crocetta soprattutto fonte di dispiaceri e guai. Eppure, dopo le prime, rivoluzionarie promesse, il governatore si era adeguato all’andazzo dei tempi andati: piuttosto che liquidare i carrozzoni mangiasoldi, meglio metterli nelle mani di qualche fedelissimo. Anche grazie ai settemila dipendenti delle partecipate, passando per i dipendenti sparsi tra i vari enti regionali, le “potenzialità elettorali” sarebbero state enormi. Accresciute, magari, dal fatto di poter contare anche su una “quasi banca” come Irfis, in grado di muovere milioni di euro sotto forma di crediti ai privati.

E invece, a guardarle una per una, sono più le inchieste, gli scandali, le polemiche sorti da queste società, piuttosto che i risultati raggiunti. Risultati che presto saranno anche oggetto di una “revisione straordinaria” previste dalle norme nazionali e la cui scadenza è stata recentemente prorogata per la seconda metà di aprile.

Al di là dei numeri che verranno fuori da quel report, restano sul tappeto i guai e le polemiche. Questa settimana, ad esempio, si dovrà sciogliere il “nodo” di Riscossione Sicilia: la società per la quale il governo ha chiesto 120 milioni, precisando però di attendere l’esito di una transazione con Monte dei Paschi di Siena, di cui, ha assicurato Crocetta, si conosceranno i dettagli già nei prossimi giorni. Prima cioè del 7 aprile, quando la commissione dovrà “esitare” la manovra.

Ma l’azienda è sempre al centro delle polemiche. Le ultime, quelle che hanno investito l’amministratore unico di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo, “oggetto” di un dossieraggio interno e “illecito” secondo l’avvocato catanese. Che sarebbe però stato pizzicato con un debito col fisco da 28 mila euro per il quale avrebbe chiesto una rottamazione. È solo l’ultima puntata di una guerra che va ormai avanti da anni. Da una parte, Fiumefreddo e il governatore Crocetta, dall’altra l’Assemblea regionale siciliana (Fiumefreddo a proposito dell’Ars ha parlato di ‘pirati’, evasori e di infiltrazioni mafiose) e gli stessi dipendenti dell’azienda che chiedono da tempo il trasferimento a una Agenzia nazionale. In mezzo, i guai più strettamente legati a una società che, nonostante qualche passo in avanti segnalato dalla Corte dei conti, non è riuscita a imprimere quella svolta sbandierata dal presidente ai quattro venti e di fronte a ogni telecamera. E così, servono altri 120 milioni, ha chiesto Crocetta all’Assemblea regionale. E farebbero quasi 200 milioni negli ultimi tre-quattro anni.

Un po’ di meno costa quella che una volta si chiamava “Sicilia e-servizi” alla quale il governo ha voluto cambiare nome in “Sicilia digitale” forse anche per allontanare polemiche e guai. Molti, ereditati dai vecchi di governi. Ma altri, più recenti. E conseguenza della retromarcia del governo stesso che aveva inizialmente deciso di chiudere l’azienda, salvo poi rimetterla in piedi, quando era già nelle mani di Antonio Ingroia. Da allora, ecco una inchiesta della Procura della corte dei conti sulle assunzioni, poi sfociata in una indagine penale archiviata. Poi, dopo qualche lite anche con i burocrati della Regione sui costi dell’azienda, ecco saltare fuori i nuovi guai: una inchiesta per peculato sulle spese dello stesso Ingroia. Venerdì scorso, poi, come pioggia sul bagnato, è arrivata anche l’indagine per il direttore generale della società, Dario Colombo, coinvolto nella vicenda relativa agli appalti all’aeroporto di Palermo. Un bel fastidio, per il governo che aveva dichiarato guerra a manciugghia e sprechi.

Ma tant’è. È la maledizione dei carrozzoni regionali. In uno di questi casi, l’intenzione manifestata dal governo non era in realtà quella di chiudere i battenti, ma, anzi, di “mettere le ali” alla società. L’Ast, l’azienda che si occupa del trasporto locale, è stata prima investita dallo scandalo Rfi, che ha coinvolto l’ex direttore generale Dario Lo Bosco, quindi dal rischio attualissimo di una procedura di infrazione europea con la quale l’Ue potrebbe contestare i finanziamenti concessi all’Ast negli ultimi anni. Potrebbe essersi trattato di “aiuto di Stato”, secondo la burocrazia di Bruxelles: se la procedura verrà formalizzata, il fallimento dell’azienda che dà lavoro a circa 900 persone sarebbe praticamente certo.

Qualche polemica ha investito anche le due società che vantano il maggior numero di dipendenti. Nel caso della Seus queste sfociarono in una guerra “intestina” all’azienda che portò alle dimissioni sia del capo di gabinetto di Crocetta, Giulio Guagliano, allora a capo di uno dei due organi su cui si fonda la società, poi anche del direttore generale Angelo Aliquò: “Qualcuno non vuole che l’azienda funzioni”, protestò. Da allora, un lunghissimo stallo, guidato da uno dei fedelissimi del presidente, ossia il suo ex ‘gabinettista’ Gaetano Montalbano, recentemente nominato presidente della società.

A a proposito di nomine, qualche polemica scaturì anche dall’azienda Sas, quando fece discutere la decisione di Crocetta di nominarne al vertice il proprio avvocato Vincenzo Lo Re. Una breve parentesi, visto che il legale deciderà presto di lasciare. I problemi, semmai, erano “collaterali” a Sas, una società nata dalla fusione di tre partecipate messe in liquidazione: Beni culturali spa, Multiservizi e Biosphera. La liquidazione delle ultime due fu affidata dal governo alla già dirigente generale Anna Rosa Corsello che per quegli incarichi ha subito una indagine contabile per danno erariale e una indagine penale per peculato sfociata in un rinvio a giudizio per avere “illegittimamente” incassato le somme relative a quegli incarichi senza che la dirigente ne avesse diritto.

A dire il vero, la Corsello è a processo anche per un’altra vicenda, sempre con l’accusa di peculato. Ed è quella che riguarda i cosiddetti “extrabudget” nella Formazione siciliana. Inchiesta che ha coinvolto anche il Segretario generale Patrizia Monterosso, già condannata dalla Corte dei conti per una vicenda affine ma non sovrapponibile e che, in occasione dell’inchiesta penale, ha scelto il rito abbreviato. La burocrate, oltre a rappresentare il vertice della dirigenza regionale, è oggi anche vicepresidente di Irfis, società recentemente trasformata in una “quasi banca” dalla Regione. E il cda di questo importantissimo ente è stato scosso anche dall’inchiesta che assume però contorni essenzialmente “personali”, dell’ex presidente Rosario Basile, che ha deciso di dimettersi. Insomma, dovunque ti volti, ecco un guaio. E se ne potrebbero aggiungere altri e più antichi, come la “guerra” nata un po’ a sorpresa con l’ex fedelissimo dell’Irsap Alfonso Cicero e pezzi di quella che fu la Confindustria siciliana su cui Crocetta fondò la nascita del suo governo. Altri tempi, ormai. Crocetta ha guai più freschi a cui badare. In quelle società che avrebbe dovuto chiudere. E che sono diventate, invece, il luogo dei fedelissimi, delle inchieste e dei grattacapi.


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