Ora nel fascicolo della procura di Palermo, per attentato agli organi costituzionali dello Stato, finisce anche Bernardo Provenzano. L’inchiesta, già archiviata cinque anni fa, che coinvolgeva Totò Riina, Vito Ciancimino e Nino Cinà, coinvolge anche l’ultimo dei corleonesi. Ne dà notizia l’edizione odierna del Giornale di Sicilia. Ma nel mirino del pool coordinato dall’aggiunto antimafia Antonio Ingroia – con i sostituti Di Matteo, Guido e Scarpinato – ci sono anche politici, colletti bianchi ed esponenti delle forze dell’ordine. Fra questi l’ex colonnello del Ros dei carabinieri Mario Mori, già sotto processo a Palermo per favoreggiamento alla mafia, e il capitano Giuseppe De Donno dello stesso reparto.
I due alti ufficiali hanno collocato i contatti con Vito Ciancimino dopo la strage di via D’Amelio. Diversamente da quanto affermato dall’ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli e dall’ex direttore degli affari penali, Liliana Ferrara. I due, che saranno risentiti dai magistrati palermitani, hanno parlato della comunicazione che a loro era pervenuta sull’intenzione di Vito Ciancimino di cercare una “copertura politica” per mettere fine alle stragi, collocandola fra le stragi di Falcone e Borsellino.
Anche Massimo Ciancimino – che oggi parlerà ai magistrati della procura di Catania – sarà risentito dai pm. Insieme alla copia del “papello”, il figlio di Don Vito ha consegnato ai giudici alcuni nastri del padre contenuti nella stessa cassetta della banca del Liechtenstein.