"Io candidato? So governare |Diamo voce a chi non vota più"

“Io candidato? So governare |Diamo voce a chi non vota più”

L'intervista a Nello Musumeci. "L'Antimafia indagherà sui soldi delle associazioni che si occupano di legalità".

L'intervista
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PALERMO – Allo scorso giro furono le divisioni interne al centrodestra a fermare la sua corsa verso Palazzo d’Orleans. Alla prossima tornata Nello Musumeci è nella short list dei papabili candidati. Tentando una rivincita che stavolta passa da un movimento civico nuovo di zecca, il suo #DiventeràBellissima, che si va strutturando nell’Isola mettendo insieme “gente con storie di militanza di centro, destra, sinistra e persino grillini”. All’Ars in questi anni, oltre a essere stato uno dei più inflessibili oppositori di Rosario Crocetta, Musumeci ha guidato e guida la commissione regionale Antimafia, lui che a Sala d’Ercole in tempi non sospetti, eravamo agli inizi della legislatura, mise in guardia dai “mafiosi dell’antimafia”, e ora annuncia un’indagine sulle associazioni che si occupano di legalità.

Onorevole Musumeci, partiamo da questa legislatura, che passa di disastro in disastro. C’è un verso di darle ancora un senso da qui alla sua fine?

“Abbiamo tutti il dovere di prendere atto di avere perso una grande occasione. L’ha persa il governo e l’ha persa il Parlamento. I temi legati alle grandi riforme dovevano essere affrontati con intese trasversali, le più ampie possibili. E invece l’unica riforma che la maggioranza di governo ha voluto è stata quella delle Province, che si è tradotta in un disastro, un vero e proprio naufragio: quattro leggi di proroga in tre anni e l’ultima, quella definitiva, impugnata per due volte di seguito. Questo non è il governo delle riforme, è il governo della conservazione, dell’improvvisazione, una maggioranza che si è intestata una qualità legislativa tra le più scadenti del settantennio all’Ars.

Eppure, con un governo così debole e una maggioranza così sfilacciata, si fatica a individuare un’opposizione forte, pronta a prendere il timone. Perché?

“L’opposizione è fatta di numeri ed è fatta anche di volontà politica. Sui numeri, ricordiamoci di essere stati in questi anni donatori di sangue (fino all’anemia) a favore della maggioranza Crocetta che tuttora si regge sul consenso di una quindicina di deputati voltagabbana eletti nel 2012 in schieramenti alternativi al candidato comunista. Sul piano della volontà politica, invece, si può essere “opposizione”e si può essere “minoranza”: non è una sottigliezza elettorale. La prima è una scelta autonoma e consapevole, la seconda è una condizione subìta. E non dimentichiamoci che per qualche tempo l’opposizione a Crocetta è stata sostanzialmente solo quella di centrodestra, al tempo della stagione del cosiddetto ‘modello Sicilia’, quando il folto gruppo del movimento Cinquestelle si era lasciato sedurre da Crocetta, approvandone persino leggi di bilancio e di Stabilità.

Come sta andando il progetto del movimento civico #DiventeràBellissima?

“L’inadeguatezza dei partiti nazionali è sotto gli occhi di tutti. Sono diventati autoreferenziali e incapaci di fornire una risposta politica adeguata alle esigenze del territorIo. Oggi il movimentismo civico colma il vuoto politico lasciato dai partiti. È un vuoto fatto di disaffezione, di disimpegno, di astensionismo. Le vicende romane di questi giorni, del resto, dimostrano come la esasperante litigiosità dei partiti e delle forze politiche stava per portare i grillini alla guida del Campidoglio…”

Cosa che lei adesso esclude?

“Adesso, con la confluenza di Forza Italia sulla lista civica di Marchini,la partita è riaperta”.

Che ne pensa del cambio di cavallo di Berlusconi che ha scelto Marchini?

“Non entrerò nelle valutazioni di carattere politico. Registro però come il partito più grosso del centrodestra italiano abbia finalmente compreso che nella Capitale si può vincere se si allarga il fronte al movimentismo civico”.

È vero che lei ha consigliato il suo amico Storace di fare altrettanto?

“Francesco da almeno un anno segue con interesse il mio impegno civico ed è chiaro che mai come in questo momento Roma parli alla Sicilia. Lo sentirò nelle prossime ore (l’intervista è precedente all’annuncio di Storace di sostenere Marchini, ndr). La verità è che ovunque c’è difficoltà nel proporre un’offerta politica appetibile a un elettorato sempre più apatico. Noi, col Movimento civico, vogliamo andare oltre gli schemi rigidi e ridare voce a centinaia di migliaia di siciliani che da qualche anno non vanno a votare. Il miracolo di #DiventeràBellissima è questo: aver messo insieme gente con storie di militanza di centro, destra, sinistra e persino ex grillini, per condividere una prospettiva comune: dare alla Sicilia un governo capace di governare, in una cornice di trasparenza.”

Ma alle prossime regionali lei ci vuole riprovare, no? Sarà candidato?

“Non mi sono autocandidato nel 2012, me lo hanno chiesto, come ricorderete, con ampia convergenza. Sono i miei amici a chiedermi di mettere a disposizione la mia esperienza, il mio entusiasmo e, se mi consente, la mia credibilità. Del resto, il movimento civico è nato nel novembre di due anni fa proprio per proporre ai siciliani una proposta di governo alternativa al crocettismo. È nato sotto la spinta della base che si riconosceva nella mia esperienza di buon governo, maturata per dieci anni alla guida della Provincia di Catania, la terza del Mezzogiorno d’Italia. Amo ripetere: non so fare tante cose, non so sciare, non so suonare, non so giocare a carte, ma credo di poter dire con serena certezza – è orgoglio e non superbia – di saper governare. E di saperlo fare al di sopra delle parti, in un un contesto di trasparenza e legalità. L’ho già dimostrato.”

A proposito di legalità, dal suo osservatorio della commissione antimafia come le sembra messa la politica siciliana su questo fronte?

“Rimangono ancora molte zone opache nel ceto politico siciliano, a qualsiasi livello, dal Comune a salire… C’è una sorta di tenace e solido spirito di solidarietà che continua a tenere uniti politici onesti e politici chiacchierati. Questa sorta di “cordone”, difficile a spezzarsi, continua a offrire alla valutazione della pubblica opinione l’immagine di una politica che si comporta ancora da casta, legata a privilegi, a clientele, barocca e lontana dal comune sentire della gente. Ma c’è anche tantissima gente che nell’Isola fa politica col cuore e con grande onestà. Ma quella, purtroppo, non fa notizia. È nella formazione delle liste dei candidati che bisogna stare attenti: meglio rinunciare a qualche centinaio di voti piuttosto che presentare gente scomoda o legata ad ambienti mafiosi. Dall’altro lato, però, va anche detto che ogni ceto politico è il risultato di una scelta del corpo elettorale, cioè dei cittadini. Fino a quando la società civile sana non avrà voglia di andare a votare e di esprimere in cabina un voto selettivo, ci ritroveremo eletti legati al “particulare” e desiderosi di utilizzare la politica come uno strumento per riabilitare le frustrazioni della propria esistenza. L’Antimafia però ha spezzato quel “cordone”: lo abbiamo fatto con la relazione sul Comune di Catania, sul Cara di Mineo e sugli Istituti autonomi case popolari, la cui relazione avrà il voto definitivo della Commissione a giorni. In 30 anni di vita dell’Antimafia non era mai accaduto che la politica accusasse la politica”.

E la vostra indagine sui rifiuti a che punto è? Cosa sta emergendo?

“Un quadro allarmante, per certi versi sconosciuto, con responsabilità frammentate che coinvolgono amministrazione regionale, enti locali, poteri pubblici e spregiudicati imprenditori. La stagione che stiamo vivendo è la cartina di tornasole di almeno venti anni di non governo della gestione dei rifiuti in Sicilia. La relazione finale sarà pronta, spero, il mese entrante e pubblicata dopo il voto finale.”

E sono stati anni caratterizzati dall’emergenza, che ha concesso poteri straordinari…

“Mantenere l’emergenza nella gestione dei rifiuti significava consentire la deroga. E nel regime di deroga ognuno si ricavava il proprio spazio. Di emergenza in emergenza si è andati avanti negli anni per consolidare poteri e posizioni di privilegio del mercato, scaricando alla fine sui cittadini costi altissimi in cambio di un servizio scadente.”

Lei anni fa in Aula all’Ars si scagliò contro i “mafiosi dell’antimafia”…

“…E allora non era facile dirlo”.

Perché lo disse?

“Perché in quella occasione, uno dei settori del professionismo dell’antimafia aveva espresso giudizi generici e perciò ingenerosi sull’Ars. Il giudizio generico è sempre devastante e chi lo esprime, spesso, non ha i titoli per farlo: chi più chi meno, siamo tutti peccatori. Il professionismo dell’antimafia in Sicilia è trasversale e va dalla politica alle categorie imprenditoriali, dal mondo dell’associazionismo a quello del volontariato. È ormai diventata una comoda scorciatoia per arrivare ad un salvacondotto che consenta di acquisire credibilità, qualche volta persino il diritto (assai discutibile) alla scorta o alla tutela, e consolidare posizioni di potere e di carriera. Questo non è accettabile. L’impegno antimafia richiede invece sobrietà e rispetto delle regole, pratica questa non sempre praticata. E non mi riferisco solo alle vicende giudiziarie che hanno coinvolto la Camera di commercio di Palermo o Confindustria: il metodo è assai diffuso e va ben oltre le vicende conosciute. Non è un caso che noi, come Commissione Antimafia, stiamo avviando un’indagine in Sicilia sull’associazionismo impegnato nella legalità, per verificarne i contributi pubblici percepiti, il fatturato delle aziende confiscate gestite e l’utilizzo dei fondi del Pon sicurezza. Le confesso: mi fanno paura coloro vedono ovunque mafia e mafiosi e che rilasciano pagelle di legalità. Eroi che spesso agitano questo furore giacobino perché hanno qualcosa da nascondere. Siamo sinceri: nessuno ha il diritto di ergersi a paladino. Mi verrebbe da rispondere con le parole di La Rochefoucauld, il quale diceva: ‘gli eroi sono come certi quadri, per apprezzarli non devi guardarli molto da vicino’”.


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