Parlare di referendum tra i renziani è un po’ come parlare di corda in casa dell’impiccato. La sfida referendaria questa volta interessa relativamente l’ex rottamatore, Matteo Renzi, che ha lasciato mani libere a dirigenti ed elettori di Italia Viva. Se da un lato, il taglio dei parlamentari è sempre stato un cavallo di battaglia della compagine rottamatrice, dall’altro l’assenza di una legge proporzionale e di una cornice complessiva di riform,a di certo, non desta grande entusiasmo tra le fila di IV. E più di un big coglie la palla al balzo per tessere le lodi della famosa riforma sulla quale Renzi si giocò tutto nel 2016.
Nicola D’Agostino, capogruppo di Italia Viva all’Ars, non si sbilancia sul quesito referendario e individua limiti e punti di forza della riforma. “Noi con il referendum costituzionale avevamo proposto l’abbattimento del numero dei parlamentari attraverso l’abolizione del Senato e gli italiani hanno detto di no”, ricorda il deputato. “Abbassare così il numero dei parlamentari non è sbagliato in sé, non sono contrario in maniera aprioristica, ma non lo considero il modo per abbassare i costi della politica perché non è questo il problema, tuttavia farlo senza avere chiara quale sarà la nuova legge elettorale è un grave errore”, argomenta. Poi sferra un attacco al vetriolo nei confronti dei pentastellati, big sponsor del referendum. “D’altra parte, nulla possiamo aspettarci di meglio dal Movimento Cinquestelle se non pasticci”, attacca.
Il deputato regionale Luca Sammartino, invece, non esita a prendere posizione in favore del “no”. “Io voto no”, afferma con decisione. “Voto no perché questa è una norma che non farà soltanto male alla democrazia del nostro Paese ma soprattutto al meridione e in particolare alla Sicilia”, argomenta il deputato. Poi snocciola una serie di limiti della riforma. “Qui in Sicilia assisteremo a un drastico taglio dei parlamentari che non porterà a un miglioramento del sistema democratico”, dice. Poi riavvolge il nastro e torna al tasto dolente della riforma renziana poi bocciata. “Il miglioramento del sistema democratico del nostro Paese lo avevamo proposto con il referendum costituzionale del 2016 quando gli italiani bocciarono la proposta di ridurre 300 parlamentari e una camera, quella sì era una riforma ordinamentale in grado di incidere sulle dinamiche legislative e sulla velocità di un Paese: oggi tagliare tout court i parlamentari riduce solo lo spazio democratico e al Sud farà un gradissimo male”, continua Sammartino. “La riduzione della rappresentanza democratica nelle regioni del Sud, che sono quelle più svantaggiate dove la battaglia dei territori viene avvertita in maniera fastidiosa dalle regioni nordiste, porterà gli equilibri e gli interessi del nostro Paese al Nord e non al Sud. Questo vorrà dire allontanarci sempre di più da quella che deve essere la rappresentanza vera di ogni singola Regione tra Camera e Senato”, insiste il deputato che non lesina critiche ai pentastellati. “Così, invece, si taglia solo per fare uno spot, molto amato nella prima era dell’epoca grillina ma che oggi non so quanto sia in auge. Cosa ridurranno? I costi della politica? Il problema del nostro paese sono i costi della politica? Lo vedremo”.
Un secco “no” alla riforma lo pronuncia anche il deputato Giovanni Cafeo . “Ritengo che per come è stata presentata la riforma non è una riforma, ma un taglio che non tiene conto del valore istituzionale del problema che è la semplificazione, un po’ come era stata la riforma portata avanti da Renzi”, spiega. “Voterò personalmente in coscienza no, ma non parteciperò attivamente alla campagna referendaria. Ritengo che, subito dopo il voto, a prescindere dal risultato, ci dovremmo concentrare su riforme costituzionali che abbiano un senso e che non siano soltanto forme di propaganda populista”, afferma Cafeo.