La Capsula endoscopica | non ancora rimborsabile - Live Sicilia

La Capsula endoscopica | non ancora rimborsabile

La capsula monouso, ingeribile, è dotata di una o due telecamere che acquisiscono immagini dell’intestino.

Innovazione medica
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CATANIA. Una pillola da ingerire per visualizzare l’apparato digerente ed in particolare il piccolo intestino composto da duodeno, digiuno e ileo. E’ una vera e propria rivoluzione quella rappresentata dalla capsula endoscopica che incarna la soluzione diagnostica più moderna, sicura e tecnologicamente avanzata nei casi specifici. La PillCam –com’è comunemente definita- fece la sua prima apparizione in Italia oltre sedici anni fa e, malgrado un’importante evoluzione tecnologica, è ancora poco utilizzata: nel nostro Paese sono circa 7.500 i casi l’anno contro i 25.000 in Francia malgrado gli italiani siano stati tra i primi a impiegarla. Peraltro, in assenza di una normativa nazionale uniforme circa la rimborsabilità di questo preziosissimo strumento medico, in alcune regioni d’Italia la videocapsula è tariffata come procedura ambulatoriale; in altre, invece, richiede il ricovero ospedaliero. Nel 2017 questa preziosa metodica è stata inserita nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) determinando una teorica tariffazione omogenea in tutta Italia. Disposizione che, però, non è stata ancora attuata tanto è vero che soltanto Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Basilicata, Marche, Piemonte, Trentino Alto Adige Umbria e Val d’Aosta rimborsano l’esame con videocapsula. La Sicilia potrebbe farlo in futuro anche perché, a sentire alcuni esperti del settore, la PillCam è già abbastanza diffusa in alcune strutture sanitarie regionali. Recentemente le caratteristiche tecniche e l’utilità della videocapsula sono state dettagliatamente illustrate nella sede milanese di Medtronic al cospetto di luminari dello specifico settore medico. La capsula monouso, ingeribile, è dotata di una o due telecamere che acquisiscono immagini dell’intestino mentre lo percorrono sfruttando la sua naturale peristalsi. Lanciata in Italia nel 2001 in un solo modello, la capsula ha avuto negli anni una notevole evoluzione tecnologica ed è attualmente disponibile in quattro modelli, ciascuno ottimizzato per un preciso segmento o patologia gastrointestinale (intestino tenue, intestino crasso, tratto gastrointestinale superiore, malattia di Crohn) in base al tipo d’indagine richiesta.

“La videocapsula permette di vedere un tratto dell’apparato digerente prima sconosciuto –ha sottolineato il dottor Renato Cannizzaro, Direttore della Gastroenterologia Oncologica Sperimentale presso il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano- con la possibilità di entrare nel piccolo intestino lungo circa 6 metri: un tempo indagabile solo tramite la radiologia o l’intervento chirurgico. Le indicazioni per il suo utilizzo sono: sanguinamento dell’apparato digerente oscuro non a carico dell’esofago, dello stomaco e del colon e in tutti i casi non rilevabili con colon e gastroscopia. Negli ultimi anni, poi, le indicazioni si sono allargate. Si è visto che può essere utile quando c’è una celiachia che non risponde al trattamento, nei casi di malattia di Crohn difficili da diagnosticare (con particolare, ma non unica, attenzione a quella che colpisce l’intestino tenue), in caso di malattie genetiche che possono portare al tumore dell’intestino, come la Sindrome di Peutz-Jeghers, o se si sospetta la presenza di polipi”.

“I LEA vengono recepiti in termini molto variabili – ha aggiunto il dottor Cristiano Spada, Direttore dell’Unità di Endoscopia Digestiva, Fondazione Poliambulanza di Brescia – e si registrano resistenze importanti in quanto esiste il timore che, laddove la videocapsula venga rimborsata, se ne faccia un uso sconsiderato. Un timore infondato, considerando che nelle Regioni dove è già disponibile non si è registrato questo problema. Anzi, si è visto che tendenzialmente ci si attiene alle indicazioni, le più importanti delle quali sono il sanguinamento oscuro e la malattia di Crohn. Ci sono poi strutture che, non avendo il rimborso, decidono di utilizzare la capsula endoscopica in regime di ricovero in modo da ammortizzare le spese con i DRG. Così, un esame che potrebbe costare 1.000 euro finisce per costarne oltre 2.500. Uno studio recente ha rivelato che, in alcune Regioni, da quando la metodica è stata rimborsata c’è stato un risparmio annuale di circa 1 milione e 700mila euro, erogando l’esame in regime ambulatoriale piuttosto che in regime di ricovero”.

Convinto della fondamentale importanza della videocapsula anche il dottor Marco Pennazio della Divisione di Gastroenterologia Universitaria, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Città della Salute e della Scienza di Torino, coordinatore della stesura delle Linee Guida della Società Europea di Endoscopia Digestiva sulle indicazioni cliniche all’impiego della capsula endoscopica, che ha affermato: “Dopo oltre sedici anni di utilizzo nella pratica clinica di questa innovativa tecnologia, ci sono dimostrazioni di costo-efficacia importanti perché si è evidenziato come la metodica garantisca un risparmio di risorse nelle cure successive del paziente perché la diagnosi è più precisa ed accurata.
Siamo, quindi, alla ricerca di un consenso da parte dei responsabili politico-amministrativi”.

Peraltro, una delle specifiche indicazioni della capsula endoscopica è nella diagnosi dei casi più gravi di malattia di Crohn che in Italia colpisce circa 100-120 mila persone con una localizzazione in almeno un paziente su due nell’intestino tenue. A tal proposito, Medtronic ne ha lanciata una specifica per questa patologia, di enorme rilevanza come riconosciuto anche da Maurizio Vecchi, Professore di Gastroenterologia e Direttore dell’UO di Gastroenterologia ed Endoscopia della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano. “Si tratta di una metodica di grande importanza per il Crohn –da detto Vecchi- soprattutto quando ci sono sintomi suggestivi per la presenza della malattia ma la colonscopia e la gastroscopia risultano negative. In casi del genere, per lo studio del tenue, si potrebbero eseguire l’entero-tac e l’entero-risonanza ma con la prima che dà radiazioni importanti e l’altra che può creare problemi di claustrofobia. Inoltre, la capsula è molto più capace di individuare lesioni iniziali come erosioni ed ulcere, mentre gli esami TC e RM identificano solo le lesioni che interessano tutto lo spessore della parete intestinale. L’unica precauzione da attuare nell’eseguire la videocapsula in pazienti con il Crohn è quella di evitarla nei pazienti con sospetti restringimenti dell’intestino che potrebbero causarne la ritenzione. Ormai, però, si è visto che facendo precedere all’esame una capsula patency, ovvero una “finta” capsula che si scioglie se rimane nell’intestino troppo a lungo, il problema è risolto: se passa indenne attraverso l’intestino, allora l’esame può essere eseguito in sicurezza”.

In Sicilia la videocapsula non è al momento rimborsabile. La parola e le eventuali novità, in tal senso, passano quindi attraverso un’attenta valutazione da parte dell’assessorato regionale alla Sanità retto dal neo assessore Ruggero Razza.

 


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