PALERMO – No al sequestro del patrimonio di Marcello Dell’Utri. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso della Procura generale di Palermo contro il provvedimento della Corte d’Appello che lo scorso ottobre ha confermato la decisione della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, emessa nel giugno 2022. Il processo prosegue nella trattazione del merito per valutare la proposta di confisca, ma in questa fase il sequestro è stata bocciato.
L’inchiesta patrimoniale iniziata nel 2014
Dell’Utri e i suoi familiari erano difesi dagli avvocati Francesco Centonze, Francesco Bertorotta, Ludovica Beduschi, Tullio Padovani e Filippo Dinacci. L’inchiesta patrimoniale è iniziata nel 2014 poco prima che diventasse definitiva la condanna a sette anni di reclusione, da tempo già scontata, inflitta a Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex senatore di Forza Italia e manager di Pubblitalia, così hanno scritto i giudici, è stato il “mediatore contrattuale” di un patto tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. Tra il 1974 e il 1992 “non si è mai sottratto al ruolo di intermediario tra gli interessi dei protagonisti”, e “ha mantenuto sempre vivi i rapporti con i mafiosi di riferimento”.
Ai raggi X della Dia il patrimonio dell’ex senatore
La Dia ha fatto lo screening del patrimonio milionario di Dell’Utri. Un tesoro composto da ville, appartamenti, azioni, conti correnti per un valore di centinaia di milioni di euro. La Procura di Palermo aveva chiesto il sequestro dell’intero patrimonio accumulato, secondo l’accusa, in maniera illecita nel contesto del rapporto che Dell’Utri ha avuto con Berlusconi nel corso della sua vita. Tra i beni di cui era stato chiesto il sequestro per la successiva confisca sulla base delle misure patrimoniali previste per i condannati per reati di mafia c’era anche una grande villa a Torno, venduta all’amico Silvio Berlusconi: secondo i pm era stata pagata 10 milioni più del prezzo di mercato. Tesi smentita da alcune perizie sul valore dell’immobile.
Un flusso di denaro da 20 milioni di euro
Ma sono soprattutto i prestiti infruttiferi, i bonifici e le donazioni di Berlusconi in favore della famiglia Dell’Utri ad avere destato i maggiori sospetti. Un flusso di denaro continuo indicato dagli investigatori in oltre 20 milioni di euro. È stato addirittura ipotizzato che si sia trattato di un ricatto da parte di Dell’Utri nei confronti del Cavaliere. L’ex senatore avrebbe custodito informazioni sul ruolo della mafia nell’attività imprenditoriale di Berlusconi e in quella politica.
Flussi di denaro ritenuti leciti
I flussi di denaro ci sono stati. Non è stato provato il sospetto che siano stati frutto di estorsione oppure di pagamenti per nascondere chissà quali interessi illeciti. La considerazione finale a cui sono giunti i giudici di primo grado e appello è che il passaggio di denaro potrebbe essere giustificato dai rapporti di amicizia e di lavoro che hanno unito per decenni Berlusconi a Dell’Utri. È una spiegazione alternativa, ma parimenti plausibile. I pm nella loro ricostruzione non hanno raggiunto il sufficiente conforto probatorio. La Cassazione ha ora confermato il verdetto. Il processo prosegue ed è stato rinviato a dicembre.