Ci sono un paio di isole, vicino al Mozambico. La sabbia è bianca e una vasta barriera corallina si può ammirare in mare. Si chiamano Grande-Terre e Petite-Terre e formano la regione d’oltremare francese di Mayotte. Siamo nell’Oceano Indiano, tra la parte settentrionale del Madagascar e quella del Mozambico. Un posto che sarà incantevole, a guardare le foto. Ma con un primato negativo: Mayotte, infatti, è la regione dell’area euro con il più basso tasso d’occupazione. Ed è l’unica, si badi, l’unica, che fa peggio della Sicilia in questa classifica.
Bisogna davvero finire all’altro mondo per trovare chi sta peggio dei siciliani. A quasi 7.000 chilometri dall’Italia. Quell’Italia in cui il Sud offre numeri da tragedia, producendo 381 milioni di euro, il 22% del Pil italiano del 2017. Sono alcuni dei dati tristemente negativi che emergono dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro (su dati Istat del 2018) dedicato al Sud. La ricerca è stata presentata a Matera e offre un quadro agghiacciante. Nella classifica del tasso di occupazione nelle 165 regioni dei paesi dell’area euro, con riferimento alla fascia d’età di 20-64 anni, la Sicilia risulta la penultima, con il 44,1% della popolazione; dopo di lei solo l’africana Mayotte, al 40%. Seguono Campania, 45,3%, Calabria, 45,6% e Puglia, 49,4%. La Reunion, territorio d’Oltremare francese nell’Oceano Indiano, fa meglio del nostro Sud.
Il quadro generale del Sud è desolante. Nel 2018 nel Sud meno della metà della popolazione in età da lavoro (15-64 anni) risulta occupata e più di 1 giovane su 3 non studia e non lavora (Neet). In costante crescita precariato e lavori poco qualificati: in 10 anni i contratti stabili sono diminuiti del 7% e i lavori non qualificati hanno raggiunto il 15,7%, a fronte di una flessione del 2% delle professioni altamente specializzate. Inoltre, a fine 2018 per superare il divario che separa il Mezzogiorno dal resto d’Italia sarebbe stato necessario creare circa 3 milioni di posti di lavoro nelle sole regioni meridionali.
Il report “Il lavoro nel Mezzogiorno. I problemi strutturali del mercato”, analizza le forti disuguaglianze con il resto del Paese. “Per superare il divario Nord-Sud Italia – sottolinea il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca – sarà determinante attuare la fase 2 del reddito di cittadinanza, incentrata sulle politiche attive del lavoro con l’obiettivo di sostenere il percorso di ricerca o riqualificazione professionale di chi non ha un’occupazione”. Una fase due che al momento resta solo nel libro dei buoni propositi, visto che proprio questo secondo momento della misura al momento appare una chimera.
I dati elaborati nel rapporto mettono in luce anche altri specifici ritardi. Ad esempio nell’occupazione femminile, che è sotto la media nazionale (del 49,5%) solo nelle province meridionali, con fanalino di coda è Agrigento con appena il 23,6% di donne occupate.
Anche la Cgil siciliana in settimana ha esposto alcuni dati relativi al lavoro nell’Isola. Dove dal 2012 al 2018 si registrano 51.509 occupati in meno e il lavoro irregolare è cresciuto dal 19,5% al 21,2% (Italia dal 13,3% al 13,4%). Il mancato gettito da forme di lavoro dipendente non denunciato è di 3 miliardi all’anno in Sicilia, secondo le elaborazioni del sindacato su dati dell’Istat sul totale dell’evasione stimata di 9 miliardi per anno.
Numeri che invocano con urgenza il “piano strutturale per il Mezzogiorno” annunciato dal premier Giuseppe Conte. Sperando che agli annunci seguano i fatti, almeno prima di scavalcare anche Mayotte nella classifica del non lavoro.