“Il mio consiglio è quello di mandare a mare questo governo”. Parole del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci rivolte un mese fa a Matteo Salvini. Un’espressione assai coerente con quella di qualche settimana prima con la quale Musumeci spingeva Salvini a rompere il “patto anomalo” con il M5S, pronto a sostenere la Lega con il suo movimento “Diventerà Bellissima” per una vittoria al Sud.
Un’uscita che ha lasciato di stucco molti siciliani, soprattutto coloro che conoscono le reali intenzioni separatiste della Lega attuate “legalmente” attraverso la cosiddetta autonomia differenziata. Uno strumento ingegnoso che renderebbe ancora più ricche le regioni del Nord, attraverso complicati meccanismi di natura fiscale, e più povere le regioni del Sud.
Le cose sono andate diversamente, Salvini ha sì mandato il governo giallo-verde a mare, ma a mare ad oggi c’è rimasto lui mentre l’unico alleato, il M5S, sentitosi tradito ha preferito cercare un accordo con il PD. Accordo al momento trovato, con Giuseppe Conte al lavoro per formare il nuovo governo dopo avere ricevuto l’incarico dal Capo dello Stato. Lo scopo dell’invito di Musumeci era di accelerare il percorso verso elezioni anticipate. L’epilogo, invece, è stato un altro.
Del resto, è il sommesso parere di chi scrive, non poteva essere quello auspicato da Salvini per mille ragioni. Non può un soggetto politico del 17% rompere unilateralmente un rapporto di governo con il partito di maggioranza relativa al 32% e pretendere di andare al voto senza considerare gli scenari parlamentari e le prerogative costituzionali del presidente della Repubblica, obbligato alla verifica di una possibile diversa maggioranza in Parlamento, solo perché i sondaggi gli sono favorevoli e alle europee ha ottenuto un ottimo risultato numerico. Senza contare la pericolosa deriva ultra sovranista avviata dal capitano di Pontida mettendo sotto i piedi vincoli economici e finanziari europei regolarmente sottoscritti, vagonate di trattati internazionali approvati, diritti universali e principi costituzionali.
Se volessimo inaugurare il metodo “Salvini”, in barba ai dettami costituzionali, lo dovremo in futuro fare sempre e con tutti. Tanto vale cambiare la Costituzione, eliminare la durata quinquennale delle legislature e inserire modalità “dinamiche” (al voto dopo ogni elezione comunale, regionale, europea, così, per tastare il polso all’elettorato, e quando i sondaggi mostrano significative variazioni di percentuali).
Se possiamo comprendere la confusione in Salvini, preso dal delirio d’onnipotenza e affetto da scarsa sensibilità istituzionale, meno si comprende l’avventata sortita di Musumeci, un meridionale. In realtà, i dubbi sulle effettive intenzioni del governatore siciliano sono molteplici e non bastano a dissiparli gli interventi in politichese dei suoi luogotenenti. Interessa saperne di più da lui direttamente per le possibili implicazioni sulla risicata e ambigua maggioranza all’Ars e pure, non ci si scandalizzi, per motivi legati alla cultura politica posseduta e praticata al di là delle ideologie d’appartenenza.
Com’è finito, per esempio, il progetto adombrato a gennaio con il governatore ligure Giovanni Toti per costruire una (nebulosa) “seconda gamba” del centro-destra? Sono confermati i contenuti della kermesse di giugno a piazza Verdi, a Palermo, in cui sembrava definitivamente consacrata la svolta di “Diventerà Bellissima” per un centro-destra a trazione leghista? Quali i rapporti, se si vorrà che ce ne siano, con Berlusconi e l’iniziativa del Cavaliere di Arcore per una federazione di partiti, movimenti e realtà civiche vicine al centro-destra chiamata l’Altra Italia? Con Fratelli d’Italia, novità in vista
Inoltre, pare sia scoppiata la mania del “moderatismo”, una categoria politica inesistente e usata per creare nuovi partiti e partitini, involucri vuoti, dentro cui ritroviamo gli stessi personaggi e le medesime logiche. Ai primi di agosto il dem Luca Sammartino, dopo avere stigmatizzato una eventuale “deriva grillina” del PD (chissà se ha cambiato opinione), ha lanciato l’idea di un “qualcosa” fondato sulla società civile, sull’associazionismo e sul mondo cattolico (un appello bello e buono alla Chiesa ormai piuttosto guardinga alla luce della negativa esperienza con i governi Berlusconi). Una casa dei moderati la voleva edificare Gianfranco Miccichè tentando di spaccare il PD siciliano sull’onda di un sentimento nettamente anti-Salvini (in seguito precipitosamente derubricato in odio-amore per esigenze di partito).
Insomma, assisteremo a una rivoluzione copernicana se il Conte/bis vedrà la luce e durerà? Si sa, il potere attrae e muta in fretta le geografie politiche locali; i voltagabbana professionisti del salto sul carro del vincitore, numerosissimi, stanno all’erta. Non sono, invece, sufficientemente chiare le reali volontà del presidente Musumeci e del suo movimento.
Non è chiara, in particolare, la tenuta dell’abbraccio con la Lega che in fin dei conti non ha mai risposto compiutamente ai teneri messaggi lanciati da Palazzo d’Orleans. Probabilmente perché i voti del Sud, pochi o molti, sapeva di poterli conquistare autonomamente lasciandosi le mani libere totalmente disinteressata alle sorti della Trinacria. La domanda finale è: il governo regionale come e su quali temi intende tessere una leale e proficua (per la Sicilia) collaborazione con l’esecutivo romano giallo-rosso, se Conte scioglierà la riserva e otterrà la fiducia, composto dai “nemici” grillini e piddini?