PALERMO- Sì, d’accordo, il gol l’ha segnato Lafferty appena entrato. Ma quello che è accaduto un minuto dopo sul campo, un minuto prima era già nella mente filosofica e pragmatica che l’aveva pensato. Era un’idea vincente nella coscienza di Beppe.
Gli allenatori si dividono per archetipi. Zeman è il capostipite dei perdenti e contenti. Di coloro che sprecano la bellezza per conseguire la sconfitta su cui costruire il mito dell’esclusione e dell’autocommiserazione. Dietro ogni perdente doc c’è la recriminazione contro un destino cinico e baro immediatamente a disposizione. Roberto Boscaglia segue la strada più difficile: vincere giocando bene. E’ un’alchimia che riesce soltanto ai grandissimi, giacché la poesia è spesso compagna dello zero assoluto. Tuttavia, Boscaglia è bravo e gli auguriamo le migliori fortune. Il suo Trapani di quest’anno è già un piccolo e grande prodigio.
Beppe Iachini è un costruttore generoso, il muratore che tira su il palazzo dalle fondamenta. Anche da giocatore era così: non tantissime idee, però tutte buone. Non a caso somiglia un po’ al tenente Colombo, che lo vedi in scena e hai appena il tempo di mormorare: ma dove crede di andare questo ridicolo con l’impermeabile?, e lui ha già risolto il caso e arrestato l’assassino. Ecco, Iachini dissimula col cappellino da baseball fuori stagione, con la cravatta allentata, con l’espressione di chi sta aspettando l’autobus alla fermata, né si sa quando arriverà. E quando ti giri, quando pensi che puoi batterlo – oplà – mette dentro Lafferty che in un attimo porta a casa il bottino.
Niente è superfluo nella coscienza di Beppe. Perfino Pisano, terzino da combattimento con i piedi esagonali, ha una precisa funzione suggerita dal suo nobile cuore di corsa e fatica. Per esempio c’era proprio Eros a stoppare Rizzato in una delle rare incursioni pericolose di un Trapani valoroso e inferiore. Come se la mossa richiesta fosse stata solo quel rinvio a campanile per evitare il peggio. Un uomo, un destino.
In campo, l’inno iachiniano lo canta, portando ovviamente la croce, il fido Bolzoni con la criniera al vento. E’ uno. Sembrano quattro. Bolzoni fa paura se lo inquadrano. Una faccia truce da vietcong, da corsaro, da dinamitardo. Ancora adesso che scriviamo starà correndo da qualche parte per acchiappare la sua stella.
Sia dunque lode al Palermo operaio che sta cancellando l’onta di una maledetta retrocessione. Lode a Beppe e alla sua coscienza di uomo, linda, lode al suo lavoro. E fischi a una città che come al solito non ha capito niente, perché non ha mai saputo riconoscere gli eroi giusti. Palermo segue il Palermo con il sussiego di chi pensa di meritare altro, di chi ritiene che i sogni li porti la cicogna e non siano il frutto della prosa quotidiana. Superbia, peccato mortale. Palermo non merita la serie A, con la sua maggioranza di tifosi distratti che amano vincere facile. Il Palermo, invece, sì.