PALERMO – Mentre a sinistra e dintorni si dibatte sul cosiddetto “campo largo” a destra Giorgia Meloni dichiara, tra una cosa e l’altra, che dalla sua bocca non uscirà mai la frase: “Le tasse sono bellissime”. Piccolo dettaglio, la Meloni è la presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, non la mia vicina di casa. Bene, secondo voi, gentili lettori, quelli che blaterano di “campo largo” hanno fondate speranze di penetrare nel magma della disaffezione dilagante verso i partiti e le manovre di palazzo? Per giunta litigando, vedi prossimo appuntamento elettorale in Basilicata, un giorno sì e un giorno pure? Non credo.
Le tasse
Risulta assai evidente, piuttosto, che evasori grandi e piccoli, in Italia una caterva, e disinvolti affaristi si sentano attirati dalle parole della premier prendendo da esse ciò che a loro conviene, una sorta di tacito assenso a continuare nelle loro allegre abitudini; del resto certi provvedimenti del governo, condoni più o meno espliciti, danno loro ragione. In realtà, pagare non è mai bello specialmente se a farlo siamo sempre gli stessi e se in cambio non riceviamo ciò che ci è stato promesso o assicurato in termini di miglioramento della qualità della vita. Pagare le tasse sarebbe bello, invece, molto bello se le pagassimo tutti, quindi con una pressione fiscale nettamente minore, con servizi eccellenti – scuola, sanità, giustizia, infrastrutture, eccetera eccetera – come contropartita. Purtroppo, in Italia le cose vanno diversamente, non c’è nemmeno la percezione, evadendo le tasse, di commettere prima che un reato una grave ingiustizia nei confronti della collettività. Anzi, solo gli schiocchi e i costretti in quanto tassati alla fonte risultano in regola, chi evade, al contrario, è gente considerata scaltra, di mondo. Altrove non è così, si rischia il carcere per decenni se ti beccano a fregare il fisco.
La politica che cavalca paure e fobie
Il problema da noi è che il brutto esempio parte dall’alto, dalla politica, dalle istituzioni inquinate da politicanti che assecondano la mancanza di senso civico di molti cittadini in cambio di facili consensi. Succede con i tributi ma anche con tematiche importanti e spesso drammatiche, per esempio le guerre, le imponenti migrazioni di persone dalle zone del globo terrestre devastate da dittature, conflitti tribali, fame, violenze inenarrabili. Si preferisce fomentare e cavalcare paure e fobie, con conseguenti discriminazioni, piuttosto che mettere mano a soluzioni giuste, magari immediatamente impopolari, rispettose dei diritti di ciascuno e del bisogno di pace.
E il ‘campo largo’ che fa?
Torniamo un attimo all’incipit di questo articolo, all’evocazione del trito e ritrito “campo largo” o addirittura “larghissimo” se consideriamo Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda. È tutto qua lo sforzo della sinistra di offrire una valida e convincente alternativa alla destra rozza di Matteo Salvini e a quella sovranista e fascistoide della Meloni? Cioè, davvero il Pd di Elly Schlein e il M5s di Giuseppe Conte pensano di conquistare l’elettorato, soprattutto gli astensionisti, perdendosi in sofismi linguistici privi di un condiviso contenuto e bisticciando? Il punto è che non appare chiara l’identità ideale, politica e programmatica di tale “campo largo”, un’identità che per avere presa deve prescindere dai momenti elettorali – il classico e indigesto cartello elettorale utile principalmente a superare gli sbarramenti e a eleggere i soliti noti – e proiettarsi sulle lunghe distanze mantenendosi solida e credibile.
La credibilità, diciamola tutta, in atto latita, è messa in crisi nella misura in cui i leader del centrosinistra parlano di campo largo o larghissimo guardando non alla costruzione di un progetto politico per il Paese, ma al proprio recinto, alla propria sopravvivenza, addirittura alle ambizioni personali di capi e capetti. In conclusione, tra chi pensa di affascinarti con espressioni altisonanti ma inconcludenti e chi ti schiaccia l’occhio compiacente sulle odiate tasse l’elettore medio nel peggiore dei casi sceglierà il secondo, nel migliore si asterrà.