PALERMO – Sequestrarono una donna e all’interno di un magazzino il capomafia la costrinse, minacciandola con una pistola, a subire una violenza sessuale sotto gli occhi del marito.
La Direzione investigativa antimafia ricostruisce l’orrore di Cosa Nostra. In particolare, di Antonio Massimino, indicato come il nuovo capomafia di Agrigento. È lui il protagonista di una storia terribile, che ha avuto per comprimari Salvatore Gangi e Gabriele Miccichè, anche loro arrestati oggi nel blitz della Dia e dei carabinieri. Per la prima volta i pubblici ministeri Paolo Guido, Claudio Camilleri e Pierangelo Padova contestano il reato di violenza sessuale aggravato dal metodo mafioso”.
La ricostruzione di marito e moglie sono un pugno nello stomaco, ma servono a descrivere la brutalità di Massimino. Per prima cosa Massimino, già condannato per mafia, ordinò che il marito venisse portato al suo cospetto in un magazzino di cortile Spoto. Era “colpevole” di avere truffato la persona sbagliata. L’uomo ha avuto paura e ha raccontato tutto ai carabinieri. Massimino pretendeva che gli restituisse 10 mila per una vecchia fornitura di droga. Ben presto il debito schizzò a 40 mila euro. Per saldare il conto l’uomo organizzò una truffa, acquistando una macchina da Gangi e pagandola con un assegno falso.
Ed arrivò, lo scorso 16 ottobre, la convocazione nel rione Villaseta. Ecco il racconto dell’uomo: “Ho trovato Massimino Antonio intento a lavare a terra. Ho notato subito che, su un tavolo, vi erano due pistole, un revolver calibro 38 ed una semiautomatica calibro 7,65. Massimino mi chiedeva se sapevo il motivo per il quale mi trovavo là ed io, che avevo notato la presenza di Gangi, rispondevo di sì invitando lo stesso Gangi a farsi avanti dato che si stava nascondendo. A questo punto, Massimino mi ha fatto presente che avrei dovuto restituire l’autovettura a Toto Gangi altrimenti non sarei uscito vivo dal quel magazzino”.
Un paio di telefonate e la macchina fu portata a nel magazzino. Sembrava tutto finito ed invece “Massimino voleva che onorassi un debito di 70.000 euro che lui sostiene di vantare ancora nei mie confronti per delle vecchie forniture di sostanza stupefacente. Successivamente, mia moglie ha chiamato per sapere com’era finita con la questione della macchina. Massimino ha preso il telefono ed ha cercato di tranquillizzarla invitandola a raggiungerci. Ha incaricato Gabriele di andare a prelevare mia moglie. Entrata anche lei nel magazzino, si è seduta insieme a me e Massimino e questi l’ha invitata ad assumere della cocaina che era presente sul tavolo e che avevamo entrambi già assunto. Di fronte a tale richiesta, mi sono fermamente opposto sostenendo che mia moglie non aveva mai fatto uso di sostanze stupefacenti e non avrebbe di certo cominciato ora”.
L’uomo ha proseguito la ricostruzione, poi confermata anche dalla donna. Le urlava “figlia di…. tua madre è una puttana e lo stesso tu”. Poi, cercò di strapparle la maglietta, la palpeggiava, le accarezzava le gambe e la vagina. Provò a baciarla in bocca, sussurrandole sconcezze. Arrivò persino a mostrale le sue parti intime. Gli investigatori ritengono che il loro racconto sia genuino, anche perché alcune intercettazioni hanno ricostruito le fasi del sequestro.