La frana non finisce. Certo, quelli degli ultimi giorni sembrano piccoli smottamenti rispetto alla valanga di questi mesi, ma il trend delle fuoriuscite da Forza Italia continua. Ieri è toccato al vicepresidente della settima circoscrizione di Palermo Fabio Costantino. Il consigliere vicino a Giuseppe Milazzo ha salutato la compagnia accusando Forza Italia definendola “una compagine che non garantisce più l’opposizione alla Giunta Orlando ma ne è una costola servile, non permettendo neanche la discussione in Aula della mozione di sfiducia contro tale Amministrazione che io e il consigliere di circoscrizione del M5S, Giovanni Galioto, qualche giorno fa avevamo presentato”. Notevole come la notizia sia stata condivisa su facebook da Giuseppe Milazzo, l’eurodeputato palermitano vicinissimo a Micciché, con un laconico “Bravo Fabio”.
Il mese scorso, sempre nelle circoscrizioni palermitane, altri due addii, quelle dei consiglieri della Sesta Umberto Aresu e Antonino Nona. Erano passati al misto e da poco hanno dato vita al nuovo gruppo di Fratelli d’Italia. “Da parte del partito c’è stata poca considerazione nei confronti dei consiglieri di circoscrizione – avevano spiegato togliendo il disturbo -. Siamo considerati soltanto come portatori di voti”.
Anche sui territori, insomma, si replica il copione già visto in questi mesi a livello regionale. All’Ars il lungo elenco degli addii si compone di Orazio Ragusa, passato alla Lega, Marianna Caronia, prima misto e poi Lega, Luigi Genovese, passato a Ora Sicilia, Rossana Cannata e Totò Lentini, transitati in Fratelli d’Italia. Una specie di esodo di massa che ha fortemente ridimensionato il gruppo forzista, che in vista del rimpasto di governo che verrà rischia di perdere un assessore in giunta. Altro addio eccellente ma nel Parlamento nazionale quello di Nino Minardo, che è passato alla Lega, curando la regia della nascita del nuovo gruppo all’Ars del Carroccio. E a questi si devono aggiungere ancora il sindaco di Catania Salvo Pogliese e Basilio Catanoso. Con loro sono usciti un po’ di amministratori locali ed esponenti sul territorio. A Catania, dopo lo strappo di Pogliese, è stato Marco Falcone a lavorare alla ricostruzione del partito con varie new entry.
Verrebbe quasi da chiedersi chi sarà il prossimo. Qualche giorno fa si era appreso di una nomina a una carica nazionale per Nino Germanà, deputato messinese, dato tra i forzisti in sofferenza. Al comunicato di Gianfranco Micciché mai però giunse un commento pubblico di risposta da parte dell’interessato, anzi pare proprio che della nomina (a responsabile degli enti locali per il Sud) non se ne sia fatto più nulla. I rumours lo danno in avvicinamento alla Lega. Va così per ora dalle parti di Forza Italia. Dove l’ufficio politico siciliano che doveva accompagnare Gianfranco Micciché, con la presenza dei pezzi da novanta del partito, si è riunito una volta sola a ottobre per poi evaporare. Dove il malcontento di Stefania Prestigiacomo è noto e ormai manifesto. Dove un parlamentare di lungo corso come il palermitano Francesco Scoma è defilato e silente da un pezzo, praticamente scomparso dai radar. E dove il richiamo delle sirene degli alleati sovranisti si sente, eccome. E certo il problema non è solo siciliano. Ieri se n’è andato un esponente storico come Francesco Giro, romano, commentando: “In molti proviamo disagio dentro Forza Italia. È un disagio che coinvolge non solo i palazzi, ma i territori. E’ un po’ ovunque, lo sanno bene anche i nostri dirigenti, non vivono mica su Marte…”.
A Roma i forzisti ormai stanno alla finestra aspettando la primavera. Che considerano l’ultimo momento utile per la caduta del Conte bis, per mano di Matteo Renzi. Se il governo scollinerà aprile, i più pensano che toccherà mettersi il cuore in pace e aspettare la fine della legislatura. Quando chissà cosa sarà rimasto del partito di Berlusconi.