(rp) La meravigliosa Sicilia di Raffaele Lombardo è attraversata da sconquassi affatto riformisti. A Palazzo si discute di nuove costituenti, di giunte tecniche o politiche. Con tutto il rispetto, è come se si chiacchierasse di regalare brioches al cioccolato o al tamarindo alla plebe che chiede il pane. Nulla di nuovo sotto il sole del potere e dei sudditi. Le poltrone pensano a un meccanismo per perpetuarsi. Nelle sale dell’aristocrazia splende il sole, anche se fuori la neve è alta due metri. Intendiamoci, è un cinismo che che non nasce con Lombardo. C’era anche prima nonostante i baci sulle guance e i sorrisi. L’attuale governatore in più ci ha messo il carico di promesse che sapeva di non potere mantenere e l’aguzzo profilo di un carattere personale tetragono. Tuttavia, il disinteresse degli amministratori siciliani per la cosa pubblica e per il popolo si è sempre acquartierato sotto il livello della decenza. Colpa nostra. Non sappiamo sceglierceli gli amministratori. Votiamo per interesse il cugino del compare del sindaco che ci ha promesso… Siamo i primi, nell’urna o altrove, a non concepire il rilievo comune delle questioni che agitano la nostra Isola. E’ giusto pagare, quando uno sbaglia diabolicamente, con la consapevolezza di sbagliare e la speranza segreta di fottere il mondo.
I lettori spesso ci rimproverano un presunto atteggiamento ostile nei confronti del governo dei miracoli. Avremo occhiali miopi, purtroppo non scorgiamo prodigi all’orizzonte. Sotto gli occhi abbiamo un deserto che ci riguarda come cronisti e come persone che (bene o male) tengono una famiglia naturale e presiedono ai loro legittimi interessi di sopravvivenza. Raffaele Lombardo ha fallito, secondo noi, in un punto fondamentale. Immaginava la stagione di lacrime e di sangue che avremmo dovuto affrontare insieme. Ma ha pensato che bastasse coprirla con le parole per sanare magicamente la piaga nella carne dei siciliani. Una soluzione alla Berlusconi. Fin qui c’è stata abbondanza di aggettivi e di sostantivi. Ahinoi, solo di quelli. Formazione e Sanità sono, nell’ordine, una tremenda tragedia e una questione irrisolta. Una politica onesta dovrebbe avere il coraggio di raccontare i fatti. Quanto ci sarebbe piaciuto Raffaele se solo avesse detto, ripetuto e sottolineato: ragazzi, c’è da tirare la cinghia, c’è da solcare un mare di lacrime e sangue. Possiamo farcela. Dobbiamo soffrire. Questo è il vero riformismo: non nascondere la verità, non giocare con la demagogia, confrontarsi con gli elettori, trattandoli da adulti, non circuendoli come bambini cui regalare menzogne e caramelle.
Il nostro male è antico. Deriva da anni scellerati. Né il centrodestra che oggi fa la boccuccia schizzinosa ha i titoli per protestare. Siamo nel pantano per colpa di ex comandanti apparentati con quell’area politica. D’altronde, pure Raffaele Lombardo viene da lì, come da molti altri posti. Buon sangue non mente.
Uno dei maggiori responsabili, ad avviso di chi scrive, è il Pd, con la sua mania di mandare a casa Berlusconi. Sono talmente concentrati nella spallata finale, i democratici, da essere disposti a sacrificare un’identità permeata di pruriti morali sulla pira di alleanze sconvenienti. Sono tanto ossessionati dallo scopo che non capiscono il nodo. Licenziare Berlusconi, casomai – assumendo quel punto di vista – sarebbe il mezzo, non il fine. Il traguardo di un onesto dirigente è la capacità di reggere bene le sorti di una terra e dell’umanità che la percorre. Governare male con Lombardo non servirà a niente. Dice Amleto: “Ciò che non è bene, non può finire bene”. Eppure, i moralisti riformisti dall’orecchio buono non ci sentono. Raffaele dà le carte e loro le girano. Mentre la Sicilia muore.