PALERMO- Noi ancora non ci crediamo, mentre il computer comincia a lavorare, mentre la redazione si accende per i doveri della cronaca. Noi non crediamo, in questa domenica di sole e di persone allegre che vanno al mare, all’orrore che noi stessi abbiamo raccontato. Daniele Discrede, splendido ragazzo, grande lavoratore, è stato assassinato come un cane, per una rapina. Gli hanno sparato davanti alla figlia di otto anni. Non è una notizia. E’ un pugno sul cuore. E’ un pugno per una città che si sveglia felice nella sua domenica e scopre, all’improvviso, di essere arrivata molto oltre il confine dell’orrore, al punto di non ritorno. E’ un pugno sul cuore per chi conosceva Daniele, per chi ci giocava insieme a calcetto, per chi mai avrebbe pensato che il profilo di un ragazzo così buono e perbene avrebbe un giorno incrociato una morte così violenta.
Daniele e suo fratello Vito. Chi li conosce sa che hanno fatto della loro esistenza un monumento alla serietà, al lavoro, agli amici, alla famiglia. Chi ha avuto modo di scambiare con loro due parole ammira la tempra di due ragazzi, innamorati del calcio e della vita. E il pensiero corre a Vito, ai suoi familiari, alla sventura che li ha travolti e che non meritavano. Nessuno, ovviamente, merita il dolore. Ma ci sono persone talmente perbene che la tragedia, quando li colpisce, appare come un’ingiustizia all’ennesima potenza.
Noi non ci crediamo. Eppure dobbiamo crederci. La realtà non si manifesta soltanto. Urla. Ci prende a pugni. Dice che Palermo è invivibile, insopportabile, pericolosa. Questi colpi di pistola ci precipitano nel buio di altri anni terribili, da cui avevamo la presunzione di essere usciti per sempre. Le forze dell’ordine? Fanno quello che possono con gli scarsi mezzi a disposizione. “Non si può negare che a Palermo negli ultimi tempi c’è stato un salto di qualità della devianza giovanile che ha toccato livelli preoccupanti, abbiamo assistito ad una deriva di valori che non ha precedenti”. E’ l’allarme lanciato qualche tempo fa dal questore, Maria Rosaria Maiorino.
Le rapine, gli scippi, le aggressioni, raccontati dalla cronaca da mesi hanno portato al salto di qualità definitivo. A Palermo, per rapina, le persone muoiono. A Palermo non c’è solo la mafia da combattere, in astratto. C’è una criminalità feroce e quotidiana da reprimere, qualunque sia la sua matrice. Abbiamo ascoltato recentemente molte ponderate riflessioni su Cosa nostra, sulla trattativa, su affascinanti teorie a cavallo tra storia e processi. Abbiamo assistito a polemiche che hanno coinvolto magistrati, professori, scrittori. Sono cose indubbiamente serie. Però bisogna prendere atto del fatto che esiste anche altro, che nell’agenda pubblica si inscrive a forza il tema della violenza. E’ stato necessario il morto ammazzato per dare la sveglia a troppe pigrizie. La politica, la benedetta politica che chiede sempre consensi e non risolve mai un problema che sia uno, riuscirà finalmente a capire? Riuscirà a sentire il peso di un pugno sul cuore? Noi vorremmo credere di sì, in questa mattina di persone allegre che vanno a mare e ancora non sanno di essere in pericolo. Noi vorremmo, un giorno, ricominciare a sperare.
Il dolore composto della famiglia
La famiglia Discrede sta vivendo il suo dolore con forza e dignità. Abbiamo raggiunto al telefono Vito, il fratello di Daniele: “Posso solo dire questo: mio padre ha lavorato una vita come autista. Noi in famiglia abbiamo sempre lavorato. Daniele non era all’hotel Excelsior ieri sera. Era al lavoro. Stava tornando a casa con sua figlia. Hanno assassinato un uomo serio, un grande lavoratore”.