"La Regione deve fare di più | Siamo pronti a dare una mano" - Live Sicilia

“La Regione deve fare di più | Siamo pronti a dare una mano”

Intervista al ministro Provenzano. "A gennaio il punto su come salvare i fondi Ue che rischiano di essere sprecati".

L'intervista
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8 min di lettura

“La Sicilia deve darsi una strategia per i prossimi decenni”. Peppe Provenzano, ministro per il Sud del governo Conte, invita la sua regione a guardare al futuro. Certo, però, il governo centrale dovrà fare la sua parte. E Provenzano assicura un impegno ad esempi sul fronte delle infrastrutture. Ma “la Regione deve fare di più”. Per esempio sui fondi strutturali. Il ministro per il Sud sarà oggi pomeriggio ad Agrigento, alle 19 a Gela dove incontrerà il sindaco e domani mattina a Palermo per un’iniziativa con giovani amministratori, deputati regionali e deputati nazionali presso il Caffè del Teatro Massimo. A Livesicilia spiega come il governo intende affrontare l’emergenza di un Mezzogiorno che si svuota e si impoverisce.

Cominciamo dal Sud che si sta svuotando. È la prima delle emergenze: come contrastare la fuga dei giovani?

“I giovani devono essere liberi di andare, ma devono avere anche l’opportunità di tornare e il “diritto a restare”. Per questo abbiamo reso operativo il programma “Resto al sud” di incentivi all’autoimprenditorialità, estendendolo ai servizi e allargando i requisiti anagrafici. Ma l’emigrazione non si ferma per decreto, serve una strategia di sviluppo. Perché anche se investi nella scuola e nell’università, e mi sto battendo per riequilibrare meccanismi che dagli asili all’università hanno sistematicamente danneggiato il Sud, ma non aumenti oggi i posti di lavoro buono, stai preparando l’emigrazione di domani. Ci sono intere province che si stanno spopolando, per questo in legge di bilancio ho raddoppiato le risorse per la Strategia sulle aree interne, decisiva specialmente in Sicilia. Ma anche qui il lavoro buono lo crei soprattutto sbloccando le infrastrutture, incentivando le imprese che fanno innovazione, dall’agroalimentare all’hitech, come abbiamo fatto con il credito d’imposta e il fondo “cresci al Sud”. Ma la Sicilia deve darsi una strategia per i prossimi decenni. Per me significa due cose: investire sui porti per cogliere i vantaggi competitivi nel Mediterraneo, e per questo sto velocizzando l’istituzione delle ZES a cui la Sicilia arriva per ultima, e un grande piano di investimenti per la transizione ecologica, e a proposito mi lasci esprimere soddisfazione per lo sblocco del progetto Argo-Cassiopea dell’Eni a Gela”.

Da più di vent’anni si è clamorosamente invertito il rapporto tra gli investimenti pubblici al Nord e al Sud in favore del primo: si può tornare a investire di più lì dove ce n’è più bisogno?

“Rilanciare gli investimenti pubblici e privati al Sud non è solo la mia priorità, è l’impegno che si è assunto il Presidente Conte chiedendo la fiducia sul governo. Ma in Legge di Bilancio, abbiamo operato una piccola operazione copernicana. La famosa clausola del 34% diventa effettiva, prima era solo un principio da verificare, ora ogni fondo di investimenti che il Mef assegna deve rispettare il riparto di risorse. Questo consentirà di rendere realmente aggiuntive, e non sostitutive, le risorse europee e nazionali per la coesione. Ma troppi fondi sono bloccati, senza impegni né progetti, li dobbiamo riprogrammare. E con la Ministra Paola De Micheli, con Giancarlo Cancelleri, siamo soprattutto impegnati a sbloccare i cantieri, accelerare le opere previste nei contratti con Ferrovie e Anas e avviarne nuove come la Ragusa-Catania. Ma poi bisogna dare risposte concrete per migliorare la qualità della vita delle persone. Oggi, non alla fine della costruzione delle opere pubbliche. A volte basterebbe mettere un treno o un autobus in più, fare la manutenzione della strade provinciali: la Regione deve fare di più, io sono pronto a dare una mano. Per i piccoli comuni ho istituito un fondo nazionale per le infrastrutture sociali di 300 milioni. Invito tutti a fare progetti”.

Qual è la situazione dei fondi europei in Sicilia? Rischiamo di perdere risorse?

“Come forse ricorderà, è stato l’allarme preoccupato che ho lanciato nella mia prima visita istituzionale, in Sicilia. Ne ho parlato con Musumeci, gli ho detto di quanto rischia di perdere la Sicilia. Non ho fatto polemiche, mi sono messo a disposizione. L’Agenzia per la coesione ha lavorato con un impegno incredibile sulla Sicilia. Siamo andati a Bruxelles a modificare gli accordi per rendicontare interventi sulle strade, e non è stato facile. Abbiamo consentito di rendicontare il credito d’imposta e concordato con il Miur nuovi interventi di edilizia scolastica, e suggerito alla Regione di incrementare le risorse sul Fondo di garanzia del Mise. Tutto questo, per minimizzare il rischio disimpegno della Regione. Vedo invece una richiesta di deroghe alle norme. Ma le norme sono uguali dappertutto e non spiegano i ritardi. A gennaio dobbiamo fare un discorso serio su come mettere in salvo una programmazione che rischia di essere sprecata dalla Sicilia. Il mio invito invece è a lavorare seriamente in questi ultimi giorni per non restituire un solo euro di fondi europei.

È possibile ottenere anche in Sicilia la continuità territoriale per non vedere lo sconcio di biglietti aerei a 600 euro sotto Natale?

“È un’emergenza non solo di quest’anno, lo dico per esperienza personale. E vedo una corsa a mettere bandierine su un tema che va affrontato nella sua complessità. Nel passaggio parlamentare della legge di bilancio abbiamo fatto dei passi avanti importanti, ho chiesto dal mio insediamento a Paola de Micheli di trovare una soluzione e ringrazio lei e i parlamentari che ci hanno lavorato. Ora la battaglia si sposta a Bruxelles, per il riconoscimento degli svantaggi connessi alla condizione di insularità. Nella mia veste di Ministro per la coesione territoriale ho già posto la questione nel primo incontro con la Commissaria. Non esiste solo il diritto alla concorrenza, esiste un diritto alla mobilità. Che dobbiamo estendere a tutti i residenti, non solo ad alcune categorie. Ma poi dobbiamo occuparci del mercato, investire negli aeroporti per intercettare compagnie e turisti. Se hai la continuità per i residenti, ma un volo per Palermo da Pisa o Milano costa più che andare a New York, resta un problema per la Sicilia e la sua attrattività. Ripeto, il tema è il riconoscimento pieno dell’insularità, ho affidato al mio consigliere giuridico, il costituzionalista messinese Antonio Saitta, il dossier che pone questioni istituzionali ed europee”.

Quanto deve temere la Sicilia, se deve temerla, l’autonomia differenziata per le regioni del Nord?

“Io mi batto per un’autonomia giusta, che includa anche gli enti locali e che difenda non il Sud, ma i grandi pilastri della cittadinanza: la scuola, la salute, la mobilità. Ci sono già cittadini di serie a e di serie b, purtroppo. Nascere ad Agrigento oggi non è la stessa cosa che nascere a Milano o a Bologna. Vogliamo cristallizzare o rassegnarci a questa ingiustizia? Io no. La proposta di Boccia cancella il rischio di “secessione dei ricchi”, punta sui livelli essenziali e la perequazione. Io credo che possa essere ulteriormente migliorata, e in audizione al Parlamento ho fatto alcune proposte. Ma per la Sicilia il discorso dovrebbe essere un altro. In settant’anni ha largamente sprecato la sua autonomia. Da strumento di sviluppo autonomo, come la pensarono i padri dello Statuto, si è trasformata via via in un recinto di piccoli privilegi e inutili appesantimenti. Il giudizio delle ultime ore della Corte dei Conti mi sembra davvero inappellabile. La Sicilia ha da temere se non ripensa se stessa, la Regione, la sua macchina che ormai esclude più di quanto include. Su questo dovremmo aprire una discussione politica alta, in Sicilia, che vada al di là degli scandalismi e delle accuse reciproche tra schieramenti. Nessuno può tirarsi fuori da questa degenerazione. E sogno un nuovo Pd siciliano che apra questo confronto con le forze vive della società, giovani, università, associazionismo, mondo del lavoro e dell’impresa, che spesso ormai dalla Regione non si aspettano più nulla”.

Da ministro per il Sud e da siciliano, che effetto le fa militare in un partito che nei suoi dodici anni di storia non ha mai avuto in una delle sue 4 cariche di vertice (segretario, vice, presidente, segretario organizzativo) una persona nata a sud di Roma?

“Per la verità oggi al governo ci accusano del contrario. E anche i nuovi ministri del Pd sono meridionali, a parte me, Amendola, Boccia. Ma questo che vuol dire? Ho visto nei decenni tanti meridionali al potere non solo non fare gli interessi del Sud, ma governare contro il Sud. E del resto, penso che la questione meridionale si sia squalificata quando è diventata una questione di meridionali. Il tema è mettere in testa al Pd nazionale che se non riparte il Sud non riparte l’Italia, negli anni scorsi non ce l’aveva. Ora vedo una nuova attenzione, non foss’altro che per la consapevolezza dell’urgenza di combattere contro le disuguaglianze, che in Italia sono soprattutto territoriali. Ma non serve il lamento, serve la battaglia politica. E le classi dirigenti meridionali dovrebbero interrogarsi, anche nel mio campo. Io credo che abbiano avuto una grave responsabilità nel recente passato, non tanto quella che emerge da alcune inchieste, ma soprattutto di non aver avuto la capacità di fare un discorso nazionale. Spesso si è accontentata di uno scambio con il vertice nazionale: io comando nella mia provincia e tu comandi a Roma, e non ci disturbiamo a vicenda. Ogni tanto si chiedeva qualcosa, la risoluzione di qualche problema particolare, e si è smarrita la dimensione collettiva dei problemi e la capacità di indicare strategie di sviluppo. Questo ha fatto perdere credibilità alle classi dirigenti meridionali, anche in Sicilia. Non è problema personale, e come costruisci un partito e un gruppo dirigente. Di questo si dovrebbe discutere al congresso del Pd siciliano, dopo la stagione commissariale. Io auspico un ricambio forte, che certo non è solo una questione generazionale. Ma vedo una vitalità, nelle università, tra gli amministratori. La piazza delle sardine è stata una boccata d’aria straordinaria. Vedo un grande spazio, occorre cambiare per recuperare ruolo e credibilità. E oggi più di ieri la credibilità in politica è tutto”.


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