Cosa sarà dell’estate siciliana alla prova dell’acqua e del fuoco, della siccità e degli incendi? Riusciremo a contenere l’incombenza delle minacce che si presentano, oppure dovremo tornare a scrivere cronache apocalittiche?
La siccità è la ferita del presente, con le notizie drammatiche degli invasi vuoti, delle riduzioni dei flussi e di un’agricoltura che annaspa perché la pioggia che non cade dal cielo ha reso aridi i campi. L’Autorità di bacino ha calcolato in 720 milioni il fabbisogno necessario per sistemare le cose con un approccio strutturale, il presidente Schifani sta pensando a una task force che sia in grado di approntare i primi interventi urgenti con una spesa sostenibile, mentre si moltiplicano gli appelli a Roma, per ottenere più risorse. “Siamo certi che il governo nazionale – ha detto il governatore – si unirà agli sforzi di quello regionale per superare le criticità, così come ha fatto nel passato”.
Il fuoco, al momento, è confinato in qualche incendio recente e nelle tremende immagini dei mesi scorsi, quando la Sicilia bruciò, in ore indimenticabili, per chi le ha vissute da vicino, in un corredo di case devastate e disperazione. Il pericolo si ripresenterà.
Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile, ha convocato una riunione per mettere a punto le risposte in chiave di prevenzione. “Abbiamo chiesto alle Regioni, alle quali la legge 353 del 2000 affida il compito della lotta agli incendi – ha detto – non solo di ottimizzare tutte le risorse umane ed economiche di cui dispongono, ma anche di promuovere attraverso i media una diffusa campagna di sensibilizzazione tra le popolazioni”.
Ma è necessario fare presto, per una terra attesa alla prova dell’acqua e del fuoco. Sarebbe, perciò, auspicabile, da parte della politica, mettere la gravità indifferibile delle emergenze al centro dell’attenzione, lì dove, per ora, tengono banco candidature e alleanze in vista delle Europee. La Sicilia ha bisogno di risposte immediate e concrete.