Quando, dopo l’incidente stradale che ha distrutto la mia vita, i medici della rianimazione, mentre io ero ferita seriamente e sola in un lettino del reparto di primo intervento, mi hanno comunicato che ormai per Roberto non c’era più nulla da fare, ho subito pensato alla donazione dei suoi organi. Roberto aveva solo 51 anni era uno sportivo, atletico, che stava bene, amava il mare, camminare, nuotare, pescare, era un uomo sano e giovanile. La tragedia che stavo vivendo era assurda e quello che ci stava capitando non aveva alcun senso logico.
Fino al giorno prima eravamo una coppia felice, innamorati e pieni di salute, con tanti progetti davanti e una vita ancora tutta da vivere e raccontare. Stavo malissimo fisicamente, traumi, fratture, dolori, morfina, difficoltà respiratorie, ma la mia tristezza dell’animo superava tutto il resto, ero paralizzata dal dolore di perderlo più che dal dolore fisico, mi sentivo come una che stava vivendo una vita che non era la sua e speravo di svegliarmi da questo incubo e di abbracciare mio marito.
Stavo soffrendo, mio fratello (arrivato immediatamente da Palermo a Firenze con il primo volo disponibile) soffriva con me, i miei cugini, i fratelli di Roberto arrivati immediatamente a Firenze soffrivano, i nostri cari e le nostre mamme rimaste in Sicilia a sperare soffrivano. Io pensavo al dolore di tutti, al mio dramma, ma pensavo anche a cosa pensava Roberto steso in rianimazione, sembrava dormisse ma a breve non ci sarebbe più stato. Nella mia mente ho subito capito cosa avrebbe voluto, detto o fatto Roberto, se avesse potuto parlare, dire o fare.
Improvvisamente ecco la risposta più giusta, una vocina interiore mi stava suggerendo… ecco cosa volevo, volevo un gesto d’amore, e quale amore è più grande della donazione? Con la donazione un’altra moglie, un’altra mamma, un altro fratello o cugino o parente avrebbe avuto la possibilità di avere salvato il suo familiare dalla malattia, a volte malattie senza ritorno, un’altra famiglia avrebbe avuto quella speranza che invece io e Roberto e le nostre famiglie non avremmo più avuto.
Ed ecco cosa fare: in accordo con tutta la famiglia, con i fratelli di Roberto abbiamo detto sì a un gesto d’amore e ho firmato per il sì all’espianto. Da quel giorno ogni giorno penso e mi chiedo “chi avrà ricevuto i suo organi?” come staranno ora quelle persone?”. Vorrei tanto conoscerli, vorrei essere aiutata a trovarli ma non so bene cosa posso fare per avere informazioni certe, e spesso mi chiedo se loro pensano al donatore, sono convinta di sì, sono convinta che queste persone siano consapevoli di quanto è grande il dono che hanno ricevuto, sono sicura che loro e le loro famiglie pregano per il mio angelo, per il mio splendido marito. Io con i miei cognati abbiamo fatto l’unica cosa bella che c’era da fare… scegliere di donare vita da una vita che si stava spegnendo.
Spero di trovare queste persone di abbracciare e di condividere con loro che meraviglioso uomo era mio marito, un angelo che è adesso anche il loro angelo custode.