Le donne inattive nella Città Metropolitana di Palermo, nel 2020, tra i 15 a 64 anni sono arrivate a 264mila, il 65% della popolazione femminile della fascia d’età; 4mila in più rispetto al 2019, con un tasso di inattività che si attesta al 63,1%.
Il confronto con gli uomini
Il confronto con gli uomini inattivi (15-64 anni) è impietoso, con uno stacco del 24%. Nel 2020 gli uomini inattivi erano infatti 161mila (il 40,9% della popolazione maschile 15-64 anni) contro i 151mila del 2019 (corrispondente al 38,1%). I dati sono stati resi noti, nel pomeriggio, durante l’incontro pubblico da remoto sul tema ‘La ripartenza è donna. Il Sud ricomincia dal lavoro femminile’, organizzato da Giovanna Marano, assessore al Lavoro e parità di genere del comune di Palermo, al quale hanno preso parte Valeria Fedeli, senatrice e componente della commissione Lavoro al Senato, e Linda Laura Sabbadini, dirigente generale del dipartimento statistica dell’Istat.
La fascia di età più colpita è quella delle giovanissime: l’anno scorso risultavano inoccupate il 90% delle ragazze dai 15 ai 24, il 61,5% delle giovani dai 25 ai 35 anni e il 51,8% delle donne dai 35 ai 44 anni. Percentuali crescenti anche con l’avanzare dell’età, che rende più difficile trovare un nuovo lavoro, e che ha visto inoccupate il 57,2% delle donne tra i 45 e i 54 anni ed il 70,2% di quelle tra 55 e 64 anni. Nel confronto con la città di Milano emerge tutta la differenza tra il Nord e il Sud del Paese.
La percentuale di donne inattive nel capoluogo lombardo, nel 2020, è stata del 31,8%, ovvero il 33,2% in meno rispetto alla Città metropolitana di Palermo.
Passando all’intera isola, nel 2020, le donne che non hanno cercato lavoro né studiato, si sono attestate su un milione e 17mila (il 62,9% della popolazione dai 15 ai 64 anni): 17mila in più dell’anno pre-pandemia. Gli uomini inattivi, invece, sono quasi la metà: 578mila nel 2020 (36,5%), in leggera crescita rispetto al 2019, che ne contava 564mila (35,3%).
Da qui anche la necessità di “un manifesto per il lavoro femminile perché il riavvio dell’economia a Palermo, attraverso le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, non sia l’ennesimo miraggio ma un’opportunità concreta per recuperare il divario occupazionale, pesantemente aggravato dalla pandemia, per ridurre le diseguaglianze di genere e per avvicinarci ad una vera parità”, dice Giovanna Marano.
I dati sul reddito di cittadinanza
A Palermo, nel 2019 la percentuale di donne nella platea di coloro che hanno percepito reddito cittadinanza è del 54,83% mentre nel 2020 è stata del 53,83%. Alla luce di questi elementi l’assessore al Lavoro, Giovanna Marano, nel corso l’incontro pubblico organizzato nel pomeriggio da remoto, sul tema ‘La ripartenza è donna. Il Sud ricomincia dal lavoro femminile’, ha sottolineato “la necessità che il Piano nazionale di ripresa e resilienza contenga interventi incisivi sul lavoro femminile nel meridione, attraverso l’introduzione di vincoli specifici. I numeri – ha aggiunto – dimostrano che, in Sicilia e a Palermo, il già gravissimo gap di genere, che permane in tutti i settori e soprattutto nei ruoli decisionali, con la pandemia è ulteriormente aumentato. Abbiamo fatto molti passi indietro. Le donne palermitane che negli ultimi anni avevano investito nel terziario, nelle imprese turistiche e culturali, seguendo la vocazione del nostro territorio e provando a superare l’inoccupazione, stanno pagando un prezzo altissimo. Il lavoro domestico e di cura non retribuito, dal lockdown in poi, è diventato più gravoso, sia per chi ha usufruito del lavoro agile che per le donne che hanno continuato a lavorare in presenza. Colf, badanti, baby sitter, perdendo l’occupazione, sono rimaste spesso prive di tutele. Il lavoro femminile continua ad essere penalizzato dalla gravidanza”. Marano ha lanciato la proposta di “avviare un’azione unitaria e trasversale, creando un tavolo permanente quanto più ampio possibile, mettendo insieme le associazioni datoriali, i sindacati di categoria, le istituzioni. Occorre che le aziende siano obbligate o premiate se incentivano l’occupazione femminile”. (ANSA)