PALERMO – L’assemblea, questa notte, ha detto di “no” al limite di 200 mila euro per gli stipendi dei dipendenti dell’Ars. Ha inserito qualche finanziamento, residui dell’ex Tabella H. Ha approvato, è il caso degli ex Pip, norme in pure stile clientelare. Da vecchia repubblica. Ma ha deciso, negli stessi minuti, di confermare una delle norme più discusse della cosiddetta “legge-bavaglio”. Quel comma della legge sull’editoria che obbliga i lettori che volessero commentare un articolo, a presentare preventivamente un documento di idenità. Insomma, vuoi essere libero di esprimere la tua opinione? Nessun problema. Puché tu venga schedato.
Una norma che fece molto discutere, quando fu approvata, qualche mese fa.L’allora capogruppo del Movimento cinque stelle Giancarlo Cancelleri parlò di “follia”. Anche perché la norma stabiliva, per quei giornali che non si sarebbero “piegati” a questa forma di identificazione preventiva dei commentatori, l’esclusione dai benefici economici previsti dalla legge. Il nostro giornale, in quel caso, prese una posizione molto chiara: tra la libertà dei lettori e quei finanziamenti, scegliamo i lettori.
Ma come detto, la “norma-bavaglio” fece discutere. E sollevò, come detto, la protesta anche di qualche deputato dell’Ars. Uno di questi, Riccardo Savona, si era impegnato a presentare un emendamento che cassasse appunto la norma sulla “schedatura” dei lettori. Impegno mantenuto proprio stanotte, quando il parlamentare di Forza Italia ha presentato questa modifica al testo della “manorina”. Ma l’emendamento è stato bocciato.
“Mi sembrava – commenta Savona – di sancire un principio di civiltà, di libertà. Credo sia giusto consentire a un lettore di esprimere la propria opinione, anche attraverso uno pseudonimo. Del resto, nel caso in cui venisse pubblicato qualche commento ingiurioso, la legge consente di rivolgersi alla polizia postale, come ho fatto io in passato, ottenendo l’identificazione del commentatore”. Ma la norma “di libertà”, spiega Savona “non è piaciuta alla maggioranza. In particolare al Pd. Il capogruppo Gucciardi e il presidente della prima commissione Cracolici, ad esempio, – racconta Savona – erano fermamente contrari al mio emendamento. Che alla fine è stato bocciato”. Ma Savona non si arrende: “Riproporrò questa modifica in Aula, nella speranza che i miei colleghi possano ripensarci”.
La legge sull’editoria, come detto, assegna dei contributi alle aziende editoriali riguardanti il sostegno agli investimenti, la riduzione delle “passività onerose” e la comunicazione istituzionale. Al suo interno la norma-bavaglio, contenuta nel secondo comma dell’articolo 4 della legge. Proprio quello che Savona intendeva cassare attraverso il suo emendamento. Il comma prevede che i siti di informazione on line, per potere accedere ai benefici introdotti dalla normativa, debbano “avvalersi di un sistema informatico che assicuri, per i ‘post’ ed i commenti inviati dai lettori e pubblicati sulle pagine web, la possibilità di identificare l’identità degli autori, nel rispetto delle garanzie stabilite dalla vigente disciplina statale e comunitaria in materia di riservatezza dei dati personali (privacy) e consentendo l’utilizzo di eventuali pseudonimi, mediante acquisizione in copia di un documento d’identità o altri strumenti tecnicamente idonei all’accertamento dell’identità”.
Una norma inserita nella legge pochi mesi fa, grazie a un emendamento che vedeva come primo firmatario l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio, sottoscritto anche dai deputati Giorgio Assenza, Giuseppe Milazzo, Vincenzo Vinciullo e Salvo Pogliese. Anche il deputato Michele Cimino si era pronunciato in Aula in favore di una norma di questo tipo. Mentre in diverse occasioni anche il presidente della Regione Rosario Crocetta ha espresso la sua intolleranza verso i commenti anonimi “dei blog”, per usare le sue parole. Già, in quel caso la politica chiese ai lettori “di mettere la faccia” sui commenti pubblicati. Ma approvò la legge grazie al voto segreto. “A metterci la faccia”, insomma, sia solo la gente.