CATANIA – L’apparato accusatorio regge anche in appello. Il processo di secondo grado Kronos, stralcio abbreviato, si chiude con una serie di condanne riformate, molte conferme e una sola assoluzione. Il procedimento è quello che scaturisce dal blitz del Ros che nella primavera del 2016 ha sferrato un duro colpo a Cosa nostra. I fermi portarono a smantellare il triunvirato del potere mafioso della famiglia mafiosa della Sicilia Orientale. Una cupola che vedeva ai vertici Francesco Colluccio Santapaola, che grazie al suo cognome e non certo al suo carisma criminale, conquista il trono. Al suo fianco infatti c’è lo storico uomo d’onore di Paterno, Ciccio Amantea. Nel calatino le redini sarebbero state affidate al vecchio Turi Seminara (a giudizio nel rito ordinario). A Lentini, invece, il clan Nardo aveva come leader mafioso Pippo Floridia. Per Santapaola la pena è stata riformata a 12 anni, mentre per il boss lentinese la Corte d’Appello ritenendo la continuazione con un altro verdetto ha condannato a 18 anni complessivi. Per Amantea, invece, confermata la pena inflitta dal gup a 14 anni. Quando scattarono i fermi, il timone è passato nelle mani di Marcello Angelo Magrì (fratello di Orazio, ndr) la cui condanna a 14 è stata confermata.
Il processo d’appello ha regalato un piccolo colpo di scena. È stato in questo procedimento che c’è stato il primo esame da collaboratore di giustizia di Silvio Corra, cognato del defunto Angelo Santapaola (vittima di lupara bianca nel 2007). La pena nei confronti del pentito è stata riformata a 9 anni e 8 mesi di reclusione.
Con l’indagine Kronos non soltanto ha ricostruito l’intero assetto criminale della famiglia catanese di Cosa nostra, fotografando e documentando affari criminali e mappa delle estorsioni, ma si è fatta luce sul duplice delitto di Raddusa: ergastolo confermato per Rino Simonte.
Ecco la sentenza della Corte d’Appello di Catania: Francesco Amantea, 14 anni e 6 mesi (confermata sentenza primo grado), Rosario Bontempo Scavo, 8 anni (confermata sentenza primo grado), Benito Brundo, 10 anni e 8mila euro di multa (confermata sentenza primo grado), Silvio Corra Giorgio (collaboratore di giustizia), 9 anni e 8 mesi, Pierpaolo Di Gaetano, Rosario Di Pietro (collaboratore di giustizia) 3 anni, 4 mesi e 2 mila euro di reclusione, Cosimo Davide Ferlito, 11 anni e 4 mesi e 8.467 mila euro di multa, Alfonso Fiammetta, 10 anni (confermata sentenza primo grado), Pippo Floridia, 18 anni (ritenuta continuazione con altra sentenza), Antonino Galioto, 8 anni e 2 mesi (confermata sentenza primo grado), Paolo Giovanni Galioto, 2 anni (riqualificato il reato), Angelo Marcello Magrì, 14 anni e 4 mesi (confermata sentenza primo grado); Giuseppe Mirenna, 12 anni (continuazione con altra sentenza), Carmelo Oliva, Febronio Oliva, Giovanni Pappalardo, 10 anni 10 mesi e 10 mila euro di multa, Gaetano Antonio Parlacino, 9 anni e 4 mesi (confermata sentenza primo grado); Francesco Pinto, Giovanni Pinto, 6 anni e 8 mesi (confermata sentenza primo grado), Vito Romeo, 10 anni e 6 mesi (confermata sentenza primo grado), Rosa Ilario, 6 anni e 6mila euro di multa (confermata sentenza primo grado), Salvatore Russo, 8 anni (confermata sentenza primo grado), Francesco Santapaola, 12 anni e 6 mesi, Giuseppe Simonte, 9 anni e 8 mesi (confermata sentenza primo grado) e Rino Simonte, ergastolo (confermata sentenza primo grado).
Giuseppe Quaranta, collaboratore di giustizia di Favara, è stato assolto “per non aver commesso il fatto”.