CATANIA. Nell’area montana in territorio di Bronte, lungo la pista principale che da Piano dei grilli prosegue verso Monte Lepre-Monte De Fiori e le aree sommitali del vulcano, all’incrocio con la pista forestale che proviene da Monte Egitto, l’escursionista arguto e dotato di virtù contemplative che si trova a visitare l’Etna, potrà farsi coinvolgere da una straordinaria e antichissima leggenda, sempre più fitta e inestricabile. Infatti, in quel luogo e proprio ai bordi della pista forestale, si possono osservare con meraviglia due querce secolari, vere e proprie capostipiti della flora arborea presente nell’area, che in questo luogo, narra la leggenda, simboleggiano una delle due mitiche Porte di Guardia dell’Etna, mentre l’altra Porta si trova sul versante nord-est dell’Etna.
Racconta la leggenda che Vulcano, dio del fuoco e abitante le profondità più recondite dell’Etna, in questo sito collocò due terribili spiriti che lanciavano saette di fuoco, le quali incenerivano eventuali mortali che tentavano di avventurarsi verso l’infuocata fucina del dio. Questa era sistemata in una caverna negli abissi del vulcano, dove i ciclopi Bronte, Sterope e Arge lavoravano forgiando magiche armature per mitici eroi. Il mitico Vulcano ordinò ai suoi principi immateriali di fermare e distruggere chiunque tentasse di varcare verso monte i confini del suo immàne dominio. Questa tremenda maledizione non era benaccetta al grande Giove, il quale, infastidito per quanto deliberato dal dio Vulcano, palesò tutta la sua autorevolezza e potenza e trasformò gli spiriti in maestose querce a rappresentare l’incanto della pianta più diffusa dell’area e a simboleggiare la supremazia della vita sulla morte. Ancora oggi, come a volere esprimere grande fedeltà al potente Giove, questi alberi sono al loro posto, forse rigenerati ma sempre vigorosi e forti.
Dunque, un fantastico enigma mai svelato lontano secoli: come si sussurra da sempre, si tratta davvero della mitica Porta di Guardia dell’Etna? Questa é la leggenda della Porta di Guardia dell’Etna occidentale, scritta con un pizzico di sana fantasia nella memoria della gente di montagna e tramandata ai giorni nostri con il semplice scopo di ricordarci che la montagna può dare la vita e la può prendere, sostenere chi la rispetta e diventare infeconda e crudele per chi non ne ha cura e la depreda.
Chi non crede alle leggende non può fare a meno di restare altresì stupito e meravigliato nell’ammirare questi due stupendi esemplari germinati nel grembo di questa terra di fuoco, non può certamente non trovare strano il fatto che le straordinarie piante non si trovano in zone isolate ma si trovano lungo un percorso ben visibile che si arrampica fin alle quote più alte, proprio fin dove il bosco va a cedere il passo ai deserti lavici, dove tutto diventa ostico ed irreale e i crateri lavici sembrano sfiorare il cielo. Nella condizione umana reale questi alberi ultra centenari di querce sono solo un’entità tangibile che per la loro età potrebbero raccontare la storia antica e recente di questo vasto comprensorio e i doviziosi intrecci con le popolazioni locali. Statiche nella loro maestosità, sin da quando memoria umana ricordi, queste imponenti querce, sono state sempre nello stesso posto. Esse, dal solo fatto di essere state per longevità, mute osservatrici di secoli di storia, sono testimoni solenni di tutti gli eventi, perché sono riuscite a sopravvivere a eruzioni del vulcano, siccità, alluvioni ed eventi naturali, incendi e malattie, inquinamento e devastazione umana.
Nel corso del tempo sono sopravvissute al passaggio di tanti uomini, culture e civiltà che hanno contraddistinto in passato queste terre, dove vivono ancora. Chissà che non si tratti davvero di una delle Porte di Guardia del dio Vulcano!