“Sono un medico ospedaliero operante nel Servizio Nazionale Pubblico. La difficoltà e la solitudine che vivo nella quotidianità del mio lavoro mi spingono a scrivere questa lettera a Lei, ai Colleghi, ai Cittadini, ai Pazienti. La solitudine è principalmente dovuta alla perdita della centralità e della dignità dell’operare medico, sempre meno incisivo nelle decisioni di assistenza a cura del malato, da cui deriva la crescente perdita del rapporto medico/paziente, medico/paramedici, medico/dirigenti.
Le difficoltà che affrontiamo a causa della limitata disponibilità di risorse, tra valzer di tagli e assenza di investimenti, sono il risultato di una politica che ha scelto la strada dell’aziendalizzazione della sanità, senza il coinvolgimento della componente medica (…) Sottratto al suo ruolo decisionale, il medico perde il progetto di presa in carico del malato, nonché la centralità della relazione e dell’alleanza terapeutica (…).
Se a questa solitudine e impotenza medica sommiamo la crescente domanda di salute di una popolazione che invecchia e che vede la malattia e la morte come il risultato di un insuccesso, di una colpa (medica), o di un diritto negato, il quadro alienante è dipinto”. Lettera firmata
Ps. Questa lettera è stata pubblicata su “D”, supplemento di ‘Repubblica’ nella rubrica del professor Galimberti. Non è siciliana, probabilmente. Ma pensiamo che sia una lettera da leggere. Anche per l’assessore Russo.