In una Catania schiacciata dalla vergogna e dall’umiliazione post-Report, la presentazione, venerdì 20 Marzo, di “Ricette di legalità” di Andrea Vecchio, edito dalla casa editrice Novantacento, ha rappresentato un bel segnale di speranza, e di ottimismo.
La libreria Tertulia, che è anche caffè letterario e –unica in città assieme alla Mondadori- rimane aperta tutte le sere fino all’una e trenta per la gioia dei catanesi nottambuli e lettori, ha fatto da splendida quinta all’incontro con l’imprenditore-scrittore Vecchio, introdotto dal presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello e dai giornalisti Pietrangelo Buttafuoco e Salvo Toscano. Numerosissimo il pubblico accorso in libreria; e soprattutto appassionato.
Molti giornalisti, molti storici amici di Vecchio, ma anche tanti catanesi incuriositi da un libro che rappresenta un unicum, nella sua originale scelta di una forma narrativa che alterna un vero e proprio ricettario al crudo racconto dei casi di cronaca non edificante dei quali l’imprenditore è stato suo malgrado protagonista.
Si parte, nel libro, dalla pasta con le sarde. E anche l’incontro, dopo una breve introduzione di Salvo Toscano che presenta al pubblico la casa editrice e le sue pubblicazioni, prende il via da qui, parlando con Ivan Lo Bello di questa ricetta amatissima dall’imprenditore – argomento che peraltro suscita fin da subito in sala un vivo dibattito Catania/Palermo sull’opportunità o meno di usare piuttosto le alici alla maniera di Vecchio- e dall’ormai lontano 1982, anno nel quale a casa dell’imprenditore arriva la prima telefonata anonima con la richiesta di un “pizzo” da cinquantamila lire.
E attraverso le ricette e le passioni di una vita, si giunge al tremendo settembre del 2007 e alla sfilza di attentati incendiari che portano Vecchio quasi alla rovina.
Ma proprio da quel Settembre e dal coraggio dell’imprenditore catanese prende il via la nuova stagione di Confindustria Sicilia. “Andrea è il padre” chiosa Lo Bello “ di chi si è riunito, in quei giorni, per ridefinire il codice etico di Confindustria”.
Grande e giustificata ilarità del pubblico al cospetto dello stesso Vecchio che, quasi costretto da Lo Bello, accetta di leggere un brano del libro; esilarante a dir poco, la storia del mafioso che davanti all’ennesima risposta della segreteria telefonica installata a casa dell’imprenditore manifesta tutto il suo disappunto dinnanzi all’impossibilità di avere un interlocutore reale cui chiedere il pizzo.
E un Pietrangelo Buttafuoco in gran spolvero proprio da qui prende spunto per iniziare il suo applauditissimo intervento; e ridendo di gusto propone immediatamente di far recapitare a Ficarra e Picone “ che purtropppo vivono a Palermo”, il libro “Ricette di legalità”, affinché ne prendano spunto. Perché secondo il giornalista di Panorama, “nessuna cosa al mondo può sfasciare la mafia meglio di un film comico”; e continua rivendicando il diritto alla normalità, da parte di chi vive una vita dove è necessario che l’ordinario sia la legalità, e non il pizzo. Infine si scaglia con i suoi toni appassionati contro ogni retorica, ogni orpello barocco, in nome della semplice e limpida dignità di Andrea Vecchio, e dei suoi valori di responsabilità civile e sociale.
Quando la parola passa a lui, all’imprenditore catanese dallo sguardo mite, ma dal caratteraccio indomito, ecco che Vecchio non dice altro, in tutta sincerità… se non “Io sono solo questo, un uomo leale che vuole dimostrare che con l’onestà si può sconfiggere la mafia”.
E che quasi si commuove quando ancora Buttafuoco ricorda al pubblico quanto, per spuntarla contro il maleficio dell’estorsione, sia inutile farsi pecore in mezzo ai lupi; e quanto sia necessario, invece, diventare noi tutti lupi di arguzia, di intelligenza e di stile. Proprio come Andrea Vecchio.