Ci sarebbe anche il sindaco in ‘esilio’ di Licata, Angelo Graci, 60 anni, tra gli indagati dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 19 persone da parte della polizia di Stato di Agrigento nell’ambito di un’operazione antidroga, alla quale è però estraneo. Al sindaco non è infatti contestato alcun reato in materia di stupefacenti ma l’istigazione alla corruzione. Secondo l’accusa, utilizzando il suo ruolo istituzionale, avrebbe permesso la stipula di un accordo tra l’Ato di Agrigento e una società idrica chiedendo a quest’ultima come contropartita l’assunzione dei suoi due figli. Secondo quanto si è appreso, nei suoi confronti la polizia di Stato avrebbe eseguito una perquisizione.
Angelo Graci è noto come il sindaco in esilio perché amministra il Comune di cui è primo cittadino, Licata, dalla sua casa al mare di San Leone, ad Agrigento, dove si trova dal 30 novembre del 2009, da quando cioé il Gip gli ha imposto il divieto di dimora dopo avergli revocato gli arresti domiciliari a cui era stato sottoposto nell’ambito di un’inchiesta su una presunta tangente intascata per autorizzare uno spettacolo musicale per la festa del Patrono, Sant’Angelo. Il divieto di dimora è stato poi confermato dalla Cassazione. Per questo reato è pendente un processo davanti alla terza sezione penale del Tribunale di Agrigento.
Del caso del sindaco in ‘esilio’ si è occupata nei giorni scorsi la Giunta della Regione Siciliana che sta varando un
disegno di legge che dispone siano sospesi dalla carica anche gli amministratori ai quali la magistratura ha disposto,
l’obbligo di dimora, i divieti di soggiorno, di espatrio o l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
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