PALERMO- Nel dizionario della “lingua del tempo presente” (per citare un saggio di Zagrebelsky di qualche anno fa, ma sembra passato un secolo da quando si diceva «assolutamente» e «fare»), riscritto da Grillo e Casaleggio, c’è una lettera che ha più parole delle altre. È la «R». Non perché occorra una Rivoluzione. Infatti se rivoluzionario è il progetto politico del Movimento 5 stelle, il suo programma elettorale è Riformista. Aderire a questo programma richiede una serie di Rotture. Non parliamo soltanto di rompere con i talk show condotti da giornalisti nominati dalla politica, ma di tenere insieme il Rigore teorico, che esclude compromessi, con il Realismo politico.
Ecco quindi che un’etica della Responsabilità non può che condurre alle otto «R» di Serge Latouche: Rivalutare, Riconcettualizzare, Ristrutturare, Rilocalizzare, Ridistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare. Rivalutare significa sostituire i valori correnti con altri: altruismo, reciprocità, rispetto dell’ambiente; la seconda «R» insiste sulla necessità di ripensare concetti come ricchezza e povertà e orientare la ricchezza verso i beni relazionali: il sapere, l’amicizia, l’amore. Tutte le altre sono legate al concetto di restituire. A chi? Alla natura, da cui abbiamo preso a mani basse e senza riguardo per chi verrà dopo di noi. Abbiamo un debito ecologico: la nostra presenza sulla terra – nostra e di ciò che produciamo e consumiamo senza riprodurlo – è nociva. Dobbiamo ridare indietro una parte di quello che abbiamo preso, impedendo che esso diventi scarto inutilizzabile, spazzatura, gas, inquinamento.
La critica ecologista rimanda a Cornelius Castoriadis, il pensatore morto nel 1997 che diceva: «Non c’è soltanto la dilapidazione irreversibile dell’ambiente e delle risorse non sostituibili. C’è anche la distruzione antropologica degli esseri umani, trasformati in bestie produttrici e consumatrici».
Otto obiettivi interdipendenti che comportano il nono: la Riappropriazione. Esso va in senso contrario. Non restituire, stavolta, ma riprendere ciò che sembra essere sfuggito di mano ai politici-zombie, come li chiama Grillo. Ecco dunque l’ulteriore «R»: Riappropriarsi. Di cosa? Anzitutto, del denaro. «In effetti, nell’immediato – sostiene Latouche – si tratta di soffocare la crisi e di rimediare alla proliferazione finanziaria. Per questo, è necessario regolamentare l’attività delle banche e della finanza. Bisogna Ricompartimentare il mercato finanziario mondiale. Riframmentare gli spazi monetari significa invertire senza timidezze il movimento di globalizzazione finanziaria (…) la prima cosa da fare per riframmentare gli spazi monetari è la reintroduzione della pluralità (diversi tipi di monete, non necessariamente convertibili l’una con l’altra)».
Di moneta locale nel M5S si parla da un po’ di anni. A Parma, circolarono voci sui quotidiani locali, secondo cui il neosindaco Pizzarotti, avrebbe pensato ad un esperimento unico in Italia: la moneta locale, un sistema di scambio parallelo ed equo, per aggirare il blocco creditizio e a risollevare il sistema economico-finanziario parmigiano. Operazione in cui coinvolgere due economisti alternativi della Bocconi: Massimo Amato, professore di storia economica e Luca Fantacci, docente di storia, istituzioni e crisi del sistema finanziario.
Il neosindaco ha poi smentito queste voci, ma Grillo in compenso ha parlato in modo sempre più insistente di euro, per sfatarne il tabù: «Quando si mette in discussione l’euro, la reazione indignata e corale è “Non possiamo uscire dall’Europa”, come se l’Europa si identificasse con l’euro. Si può rimanere tranquillamente nella UE senza rinunciare alla propria moneta (…) Un altro trucco è l’utilizzo ripetitivo del termine “moneta unica”, non vi è assolutamente alcuna moneta unica europea, l’euro è limitato a 17 Stati e chi è fuori si guarda bene dall’entrare nella zona euro. Chi è oggi in crisi in Europa? In assoluta prevalenza i Paesi che hanno adottato l’euro con economie cosiddette “deboli”. La domanda è “Deboli rispetto a chi?”, ovviamente rispetto alla Germania (…) non si tratta di essere ostili in principio all’euro, ma di poterselo permettere. Per rimanere nell’euro stiamo affamando il Paese, strangolando le aziende, trasferendo la ricchezza privata a copertura degli interessi sul debito pubblico che è (purtroppo) in euro». L’euro, conclude il comico, non può essere un tabù.
Contro la moneta unica, gli economisti alternativi – serissimi studiosi, bocconiani e non – pensano a una pluralità di monete: una moneta per gli scambi locali, fra gente che si conosce e che ha instaurato rapporti di fiducia, sulla quale non si possa speculare; e un’altra moneta, diversa, per gli scambi anonimi, di uso limitato. Circuiti locali distinti e autonomi dai circuiti globali.
È possibile, o forse probabile, che chi ha votato Grillo e il MoVimento o chi ha intenzione di farlo, lo faccia per motivi del tutto differenti dalle idee che, da questi pensatori, il comico genovese ha attinto. Motivi legati all’effetto che questo voto può avere sugli altri partiti e sull’intero sistema. Ma, comunque la si pensi, questo è ciò che, da vari anni, Grillo va dicendo sul blog e nelle piazze. Non esattamente, come pare a molti: «quello che tutti pensiamo».