TRABIA – Il pianto dei parenti rompe il silenzio della cava. Ci sono mogli e madri che non sanno come spiegare ai figli che papà non c’è più. Che l’hanno ammazzato nel posto di lavoro. Francesco La Russa, 49 anni è sceso da casa armato di una pistola calibro 9×21. È arrivato in contrada Giardinello, a Trabia. È entrato nell’ufficio e ha fatto fuoco contro con il direttore della cava, Gianluca Grimaldi, 39 anni, e Giovanni Sorci, capocantiere, di 59. Non gli ha dato scampo. Un terzo uomo, il ragioniere, è riuscito a fuggire.
Le difficoltà economiche avrebbero scatenato la furia omicida di La Russa. Era stato messo in mobilità sette mesi fa assieme ad altri tre colleghi, percependo uno stipendio decurtato. La vita, con tre figli a carico, era diventata difficilissima. Era iniziato un tira e molla con l’amministrazione giudiziaria che gestisce la cava sequestrata per mafia agli imprenditori Buttitta. La Russa – come lui stesso ha confermato ai poliziotti che lo hanno fermato – aveva rifiutato l’assunzione in un’altra cava a dieci chilometri di distanza gestita dallo stesso gruppo. Voleva tornare a lavorare a Trabia, cosa che, stando a quanto dicono dallo staff dell’amministrazione giudiziaria, sarebbe avvenuta presto. Era stata firmata, infatti, l’intesa con un gruppo romano per la fornitura del materiale da utilizzare nel cantiere per la costruzione di una lunga galleria nei pressi di Cefalù.
La Russa, però, era stanco di aspettare, si sentiva preso in giro – avrebbe detto questo al responsabile della Omicidi della Squadra mobile, Carmine Mosca – e stamani ha scatenato la sua collera. La pistola era regolarmente detenuta. È sceso da casa, ha ucciso le due persone e poi si è allontanato in macchina, cercando rifugio in campagna, dove lo hanno scovato gli agenti del commissariato di Trabia. È stato lui steso a fare ritrovare la pistola, che aveva nascosto nell’armadio di casa.
In contrada Giardinello piangono tutti: i familiari delle vittime e gli operai ancora in tuta da lavoro. L’amministratore giudiziario, l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, cerca di consolare gli altri, poi esplode, pure lui, in lacrime. “Non c’è niente da dire”, spiega mentre si allontana. La tensione è evidente. Innanzitutto per il dramma che si è consumato nella cava, ma è impossibile non tenere conto che la tragedia di Trabia arrivi nel pieno dello scandalo che ha travolto la sezione Misure di prevenzione dopo che si è appresa la notizia dell’indagine che coinvolge, tra gli altri anche Silvana Saguto e lo stesso Cappellano Seminara. Giancluca Grimaldi, figlio di un addetto alla cancelleria, era stato scelto dall’amministratore giudiziario. Qualcuno sussurra che le indagini, doverose e necessarie, abbiano per forza di cose creato un clima pesante attorno alla gestione dei beni confiscati.