PALERMO – Risalgono a un mese fa gli ultimi casi di Bluetongue in Sicilia, un virus che colpisce bovini, ovini e caprini, attraverso punture di insetti. Una malattia che può compromettere la vendita degli animali, provocandone il blocco delle movimentazioni e creando un serio impatto socio-economico per gli allevatori. Come rileva l’Istituto zooprofilattico siciliano, gli ultimi focolai sono stati scoperti a marzo nelle province di Catania, Enna, Messina e Siracusa. Ma “non c’è nessun allarme per gli allevatori siciliani, anche se l’attenzione deve essere mantenuta sempre alta – spiega Annalisa Guercio, direttore dell’area Diagnostica virologica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia -. La situazione è sotto controllo, grazie a un efficace sistema di sorveglianza messo in atto dal ministero della Salute fin dal 2001”.
Comparsa per la prima volta in Sardegna nel settembre del 2000, la Bluetongue, conosciuta come malattia della “lingua blu”, dal colore della lingua assunto dagli animali colpiti, arriva in Sicilia un mese dopo, a ottobre. Da quel momento in Italia scatta l’allarme e il ministero della Salute introduce per la prima volta, nel 2001, un potente sistema di sorveglianza sierologica: l’intero territorio nazionale viene suddiviso in “celle”, di 20 chilometri per lato, contenente ognuna 58 animali “sentinella”, ovvero animali non vaccinati che vengono controllati mensilmente per verificare l’eventuale circolazione virale, allo scopo di evitare la diffusione dei focolai ed estinguere il virus nel minor tempo possibile. In Sicilia, negli ultimi 15 anni c’è stato un andamento altalenante della malattia. Dal 2004 al 2015 sono stati esaminati più di 226 mila campioni di siero prelevati dai bovini sentinella, di cui quasi tremila sono risultati positivi.