“Lo faccio io... tam, un colpo”| I piani di morte dei boss - Live Sicilia

“Lo faccio io… tam, un colpo”| I piani di morte dei boss

Nei dialoghi di Antonello Nicosia e Accursio Dimino si parla di quattro omicidi

PALERMO – Quattro omicidi, di cui due progettati, uno commesso più di vent’anni fa ma ancora senza colpevoli, e infine quello del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli.

C’è anche questo nelle indagini che ieri hanno portato al fermo di cinque persone. Tra i fermati, Antonello Nicosia, componente del comitato nazionale dei Radicali, e Accursio Dimino, mafioso di Sciacca, già condannato e di nuovo arrestato nel blitz dei carabinieri del Ros e del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria. Ed è proprio ascoltando le loro conversazione che sono emerse le storie degli omicidi.

“Lo faccio io in Marocco”
Il 29 gennaio 2018 i due discutevano di ammazzare “Cavataio, un’altra cosa inutile”. Si tratta di Paolo Cavataio, imprenditore del settore ittico, “il più ricco di Sciacca”. Il loro piano prevedeva di ucciderlo in Africa: “… facciamocelo un giro lì in Marocco e ce lo chiamiamo”. Nicosia voleva eliminarlo perché “gliela dobbiamo togliere” l’impresa. Dimino gli ricordava che in caso di morte sarebbero subentrati i figli. In ogni caso bisognava “levarlo di mezzo”, facendo credere che si trattasse di una questione di donne: “… poi quando è successo… e ha l’amante e ha quello… capace che ha toccato qualche femmina di qualcuno”. Dimino era pronto ad armarsi: “… lo faccio io, l’importante che lo prendiamo”.

Il delitto senza colpevoli
Due giorni dopo, il 31 gennaio 2018, i due parlavano dell’omicidio di Giuseppe Bono, ucciso in contrada Chiana di Sciacca il 3 dicembre 1998. I responsabili del delitto sono ancora ignoti. Dimino raccontava che Bono, suo “compare”, era entrato in contrasto con Cosa Nostra all’epoca in cui Salvatore Di Gangi, “il vecchio”, era latitante. Lo stesso Di Gangi, sebbene ricercato, aveva in qualche modo avuto un ruolo nel delitto ordinato per questioni legate al furto delle armi della cosca mafiosa di Sciacca. Dimino: “… perché lì c’era discussione forte sia con quelli che con cosa… perché lì, sono spariti ottanta pezzi… di quelli pezzi grossi sono spariti… noialtri un patrimonio ci aviamu spinnuto … oltre 150 milioni ci erano costati… ne erano arrivate tre casse”. Dimino aveva tentato, senza successo, di mettere a posto le cose.

“Tam, un colpo” per eliminare la concorrenza
Un altro omicidio che fa capolino nelle conversazioni di Dimino e Nicosia, il 21 febbraio 2018, è quello di un altro imprenditore, Michele Bono. Nicosia era convinto che gli italo-americani, “in questo caso Agostino Ruvio, originario di Sciacca e anch’egli trasferitosi negli Usa – scrivono i pubblici ministeri della Dda di Palermo – potessero opporsi alle loro iniziative per volere di Michele Bono, proprietario dell’oleificio Bonolio di Sciacca e legato al predetto Ruvio”. Dimino era determinato: “… allora arrivati a questo punto quello e tamm”un colpo eee”.

L’omicidio Guazzelli
L’ultimo riferimento nei dialoghi di Dimino e Nicosia è riservato all’omicidio di “quello in divisa”. E cioè al maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, assassinato il 4 aprile del 1992, ad Agrigento. Un omicidio dei “cinquanta, sessanta” commessi da Salvatore Fragapane. Fragapane è stato condannato all’ergastolo assieme a Josef Focoso e Gerlandino Messina, cugini di Nicosia.


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