CATANIA – “La mia fiducia nei confronti della magistratura è incondizionata, ma devo esprimere delle valutazioni su questa sentenza”. Esordisce così Raffaele Lombardo durante la conferenza stampa convocata dopo la deposizione delle motivazioni della sentenza del Gup Marina Rizza, che lo ha condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Accanto a lui, gli amici di sempre: Carmelo Galati, avvocato e sindaco autonomista di Sant’Agata Li Battiati e Mario Brancato, avvocato.
IL RICORSO IN APPELLO. L’ex presidente della Regione, come aveva già annunciato alla lettura del dispositivo, conferma che presenterà appello avverso la sentenza. “La condanna – dichiara Lombardo – non è sostenuta da fatti o prove, riattiverò il mio blog, voglio recuperare la mia onorabilità, a partire dal milione e ottocentomila persone che mi hanno votato. Sono stato – ricorda – il presidente della Provincia di Catania e della Regione più amato d’Italia. Le persone – aggiunge – che hanno lavorato con me sono state le più significative della storia della Regione”. Lombardo è un fiume in piena: “Tutto è imperniato su un’intercettazione che ho fotocopiato, e sono pronto a distribuire. Si chiedono indagini ai carabinieri partendo dall’intercettazione del 2008 che è a disposizione dei magistrati da 6 anni e che è stata tenuta nascosta. Tutta la sentenza – tuona – è incentrata su quest’intercettazione”.
“MAI RAPPORTI CON LA MAFIA”. Lombardo attacca: “Con la mafia non ho mai avuto rapporti. Ho contrastato – afferma – i termovalorizzatori, non ho chiesto voti alla mafia, il motivo più banale è perché non ne hanno voti. Molti collaboratori sentiti – aggiunge – , da La Causa e Di Fazio, a Mirabile, hanno sempre sostenuto di non aver mai avuto disposizioni di votare Raffaele Lombardo”. “Tutto era iniziato nel tribunale monocratico – spiega ancora – le dichiarazioni di molti collaboratori non sono state riscontrate, si parlava addirittura di summit ai quali avrei partecipato. Dopo 3 anni di esame attento e scrupoloso anche del giudice tutto cambia all’improvviso”. L’ex governatore parla anche di Giovanni Barbagallo, autonomista condannato per associazione mafiosa: “Era incensurato e quando si candidò alle regionali nel 2011 prese pochi voti”. E poi tuona: “Barbagallo in carcere ha avuto pressioni per dire che ho preso soldi dalla mafia”. E Lombardo vuole anche fare una precisazione: “Non sono mai passato dalla stazione di servizio di Rosario Di Dio, lo dimostrano i tabulati”.
IL COINVOLGIMENTO DI CIANCIO. Lombardo spezza una lancia a favore di Ciancio: “E’ stato tirato in ballo senza essere stato sentito”. “Sarei stato promotore – dice l’ex presidente – di un affare dell’editore de La Sicilia, mediatore degli interessi delle mafie e avrei favorito Basilotta e Incarbone”. “Basilotta ha fatto moltissimi lavori, compresa la metropolitana di Palermo. Si è accertato –si domanda Lombardo – se lo ho segnalato io? Gli imprenditori convocati nello studio di Ciancio mi chiesero di intervenire su una variante tecnica. Non sapevo che Zapparrata si era dimesso, la pratica è andata avanti e la variante tecnica è stata approvata dall’architetto Sardella. Ciancio – chiarisce – aveva comprato i terreni da tanti anni, non ho condizionato Sudano che era assessore all’Urbanistica quando è stata approvata la variante sui terreni di Ciancio”. “Gli straricchi non mi soggezionano, – continua Lombardo – Ciancio è una persona cortese e il suo giornale è quello dal quale traggono le notizie tutti. Mi si chiede un’intervista nella sede de La Sicilia e io dovevo rinunciare? Nella sentenza si parla di elevato coefficiente di probabilità che lo stesso Ciancio fosse assai vicino allo stesso sodalizio. Avevamo chiesto di interrogare Ciancio, insieme a tutti i partecipi a quest’incontro. Uno dei soci di Ciancio era Mercadante, figlio di un uomo coinvolto in indagini di mafia. Ma la responsabilità penale non è personale? Un figlio che è socio di Ciancio è colpevole delle cose che fa il padre?”.
NESSUN SUMMIT. Lombardo scandaglia punto per punto le accuse. “Il presunto incontro con i mafiosi che io avrei presieduto – dichiara – non è mai avvenuto. I Mirabile sono stati intercettati mentre dicevano che attraverso Ciccio Vampa avrebbero chiesto a Scammacca di intervenire con Lombardo per una licenza per una trattoria che non è mai arrivata”.
L’AFFARE DELLA TENUTELLA. “Sulla Tenutella – spiega ancora Lombardo – nessuno è stato interrogato, nessuno ha parlato del mio interessamento. Con Saro Ragusa, che conoscevo, abbiamo interrotto i rapporti per ragioni politiche negli anni ’80”. La sentenza dice – aggiunge il leader autonomista – che “può ritenersi assai probabile che il soggetto in questione fosse Raffaele Lombardo”.
IL CASO BEVILACQUA. Lombardo fornisce chiarimenti anche sulla sua totale estraneità al sostegno politico di Bevilacqua. “Ho un’intercettazione telefonica – afferma – con un tale Bonfirraro, che non sostenne il mio candidato ma l’avvocato Palermo, che era il candidato di Bevilacqua. Poi non l’ho più sentito Bonfirraro, anche se fino a due anni fa mi ha chiesto di incontrarlo. Un mio amico di Enna e molti altri sono pronti a testimoniare – incalza – che io non ho mai sostenuto Bevilacqua”.
VICENDA SAFAB. Lombardo si concentra anche sulla vicenda legata alla Safab. “Sono accusato di un concorso psicologico, ma non solo avrei aiutato la Safab, l’avrei anche ostacolata per favorire il progetto di Ciancio degli americani”. “A Scirumi – aggiunge – ha progettato Zapparrata, e io cosa cosa ho fatto? Tutti i protagonisti non sono stati interrogati per sapere se io ho sollecitato un interessamento a favore di questo villaggio di Ciancio che poi non si realizza”.
IL COLLABORATORE D’AQUINO. La parte finale della conferenza stampa Lombardo la dedica alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Gaetano D’Aquino. “Avrebbe ricevuto – afferma l’ex presidente – la richiesta di Porto di votare per Pistorio. D’Aquino dice che si sapeva che erano mafiosi e per questo il processo al Tribunale monocratico è stato bloccato e gli atti sono stati trasferiti. Qualche amico avvocato aveva orecchiato che sarei stato assolto. Se quel processo si fosse concluso, quello all’origine di questa sentenza non si sarebbe tenuto e io non sarei stato processato per la secondo volta per gli stessi fatti. Ma in questa sentenza – precisa Lombardo – c’è scritto che D’Aquino è inattendibile e quindi la sentenza non ha ragion d’essere”. Ed infine l’ex governatore annuncia: “Agiremo legalmente contro le menzogne di D’Aquino”.