L'omicidio di un Santapaola: colpo di scena dal figlio di Nitto

L’omicidio di un Santapaola: colpo di scena dal figlio di Nitto

Nel corso della requisitoria Thor è stata presentata una memoria dal primogenito del padrino di Cosa nostra catanese

CATANIA – È forse l’omicidio di mafia eccellente per antonomasia. Un Santapaola è stato ammazzato. Un componente della famiglia di sangue. Ed è il 2007. Angelo Santapaola e il suo guardaspalle Nicola Sedici vengono fatti fuori in un casolare nel calatino. Quel giorno a Ramacca ci sono tutti i vertici della cupola della famiglia catanese di Cosa nostra. Anche il figlio di Nitto, Enzo Santapaola. La collaborazione di Francesco Squillaci ha permesso di mettere a posto i pezzi del mosaico che mancavano in un racconto già nitidissimo grazie ai racconti di Santo La Causa. Ma per avviare un’azione penale non bastano le parole di un pentito. Quelle dell’ex reggente di Cosa nostra catanese sono bastate per condannare all’ergastolo il boss Enzo Aiello. Nel processo Thor vanno alla sbarra il figlio di Nitto, Enzo Santapaola, l’uomo d’onore Orazio Magrì e Natale Filloramo. E non mancano i colpi di scena: Magrì dopo il Riesame deposita una memoria. E, a sorpresa, nel corso dell’udienza preliminare arriva anche una lettera del primogenito del padrino catanese.

Ma andiamo per ordine. Per questo delitto è stato già condannato all’ergastolo Enzo Aiello. “La sentenza – sintetizza il pm Rocco Liguori –  ricostruisce il contesto in cui è maturato questo duplice omicidio. Angelo Santapaola, cugino di primo grado di Benedetto Santapaola, aspira ad avere un ruolo predominante nei rapporti con Cosa Nostra palermitana e con le altre organizzazioni malavitose catanesi ed in questo è osteggiato e non gradito dagli stessi esponenti di vertice del suo stesso clan. Inoltre, Angelo Santapaola, che è il reggente operativo del clan mentre il capo assoluto – dicono i collaboratori – è Enzo Santapaola figlio di Nitto, si sta affermando in maniera violenta sul territorio anche mediante una serie di omicidi nei confronti di esponenti mafiosi. Per assumere il ruolo di rappresentante provinciale catanese, Angelo Santapaola intrattiene frequenti rapporti con Cosa Nostra palermitana e in particolare con Salvatore e Sandro Lo Piccolo e sfugge alle direttive dei capi clan. Inoltre è accusato di non versare alla famiglia i guadagni delle varie attività illecite da lui gestite per conto del clan. In tale contesto i vertici decidono, quindi, di eliminare Angelo Santapaola, il quale è diventato un personaggio troppo scomodo ed ingombrante anche nei rapporti con Cosa Nostra palermitana essendo anche riuscito a monopolizzare i rapporti con Salvatore Lo Piccolo che ritiene Angelo Santapaola l’unico interlocutore, nonché rappresentante di Cosa Nostra catanese”. 

Sulla dinamica dell’omicidio “La Causa riferisce – riassume sempre il pm- che prima che arrivasse Angelo Santapaola hanno concordato con Orazio Magrì che ad un segnale del primo il Magrì avrebbe sparato a Nicola Sedici, all’accompagnatore comunque di Angelo Santapaola, mentre La Causa avrebbe sparato ad Angelo Santapaola. In realtà La Causa dice che non voleva uccidere il Santapaola e ha pensato di prendere tempo avanzando la giustificazione della presenza di troppe persone. Un fatto troppo rischioso in casi di una collaborazione con la giustizia. Enzo Santapaola nell’occasione gli ha già detto «O tu, o iddu», quindi «O lo ammazzi, o vieni ammazzato tu». Una volta arrivato Angelo Santapaola con il Sedici, mentre stanno parlando con La Causa ed Enzo Aiello alla presenza di Natale Filloramo, il collaboratore si è girato per guardare Orazio Magrì, ma questo lo ha inteso come il cenno concordato in precedenza e quindi si è avvicinato a Nicola Sedici e ha esploso un solo colpo di pistola da dietro alla nuca della vittima, a quel punto ha visto Angelo Santapaola che è rimasto ovviamente sorpreso dalla situazione ed aveva detto al Magrì «Ma che combinasti? Ora passi i guai!». Magrì, dopo un attimo di esitazione, considerato che il La Causa non interviene ha sparato un colpo al petto anche ad Angelo Santapaola e gli ha detto «Ora te lo dico io che combinai» e poi gli ha sparato un secondo colpo alla testa”. Sempre La Causa racconta che “L’omicidio di Angelo Santapaola è stato deciso in un incontro presso la Zona Industriale in un capannone di un’autofficina meccanica a cui hanno partecipato Enzo Santapaola, Antonino Motta e Giuseppe Ercolano”. A portare il cugino di Nitto all’incontro è stato Natale Filloramo, che lo “preleva” in via Plebiscito. 

Nel 2018 arrivano le dichiarazioni di Francesco Squillaci. Il collaboratore di giustizia presenta il contesto in cui è maturato quell’omicidio: Angelo Santapaola è un cane sciolto, ha fatto “danneggiamenti eclatanti all’imprenditore Vecchio che hanno anche provocato l’attenzione della Polizia Giudiziaria e dei giornali ed, inoltre, ha ucciso Giovanni Motta e Nuccio Aurora del clan Mazzei senza l’autorizzazione del clan”. 

“Non sa chi ha ucciso Santapaola e Nicola Sedici – spiega Liguori al gup riferendosi al pentito Squillaci – ma è conoscenza del fatto che il giorno del duplice omicidio è stato Natale Filloramo, nipote di Nitto e cugino di Enzo Santapaola, ad andare a prendere a casa le due vittime per portarle sul luogo del delitto. Glielo aveva confidato Filippo Crisafulli, fratello di Franco detto’cacazza’, suocero di Nicola Sedici, dicendogli che avrebbe dovuto accompagnare lui Santapaola, ma siccome la moglie ha appena partorito l’ha raggiunta in ospedale”. 

Ma c’è un particolare inedito. Squillaci sarebbe diventato il confidente di Enzo Santapaola. Il figlio di Nitto gli avrebbe confessato di aver voluto lui l’assassinio del cugino. Sarebbe accaduto al carcere di Opera a Milano vicino all’infermeria qualche tempo dopo che Santapaola “è ricoverato nel centro clinico a causa del noto incidente stradale. Nell’occasione Squillaci si è lamentato fortemente con Enzo – riassume Liguori – per tutti i torti che la famiglia degli Squillaci subiva dai Santapaola ed Enzo Santapaola si è difeso dicendo che Angelo Santapaola ha deciso tutto da solo e ha fatto tante cose che non doveva fare, che lui ha cercato di salvarlo ma alla fine è stato costretto a farlo uccidere”.  Su questo aspetto anche Fabrizio Nizza racconta ai pm le confidenze del fratello Daniele, che sarebbe stato “convocato insieme a tanti altri il giorno del delitto presso questo vecchio macello abbandonato dove si è consumato il duplice omicidio”.

Un quadro probatorio che pare già granitico. Ma dopo il Tribunale del Riesame arriva al pm una memoria di Orazio Magrì. A differenza di altri imputati, l’uomo d’onore non va nei dettagli. “Insomma conferma la ricostruzione dei fatti operata da La Causa e – dice Liguori – seppur cercando velatamente di non accusare nessun altro, in realtà conferma la responsabilità di tutti gli imputati riferendo che una volta accertato che i palermitani non sarebbero venuti all’incontro aveva visto Enzo Santapaola parlare con La Causa e poi allontanarsi, quindi Filloramo si è occupato di andare a prendere Angelo Santapaola per portarlo al macello, mentre La Causa gli aveva detto che appena arrivati avrebbero ucciso Santapaola ed il suo eventuale accompagnatore”. 

Ma nell’udienza in cui Liguori deve discutere di questo duplice omicidio arriva un colpo di scena. Una lettera del figlio di Nitto. “Oggi è stata presentata – commenta il pm – anche l’ammissione di responsabilità da parte di Enzo Santapaola, ma si tratta di dichiarazioni che non sono sicuramente sovrapponibili a quelle emergenti – evidenzia il magistrato – in questo procedimento, non sono corrispondenti all’ipotesi accusatoria. Santapaola si assume la responsabilità di questo omicidio dicendo di aver ceduto a una richiesta di Santo La Causa”. Insomma – parafrasa il pm – avrebbe “ceduto alle insistenze di Santo La Causa” e avrebbe “consentito che venisse ucciso Angelo Santapaola”. Ma in pm ribatte: “In realtà dalla ricostruzione di diversi collaboratori di giustizia e in particolare ovviamente di Santo La Causa emerge che questo progetto è stato deciso e organizzato già da tanti mesi e che la decisione di uccidere Angelo Santapaola è  stata presa in un incontro avvenuto tra Enzo Santapaola ed altri due soggetti ai vertici del clan Santapaola e che quella è stata soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso e quindi soltanto l’occasione per ucciderlo”. Liguori non ha dubbi sul fatto che Enzo Santapaola “già da tempo ha stabilito che Angelo doveva essere ucciso, tanto da aver detto a Santo La Causa “O tu, o iddu””. 


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