PALERMO – È un rapporto strano, borderline, quello fra il tenente colonnello Alfio Marco Zappalà e Antonino Vaccarino. Un rapporto indecifrabile. Da qualunque prospettiva venga analizzato ci sono dei punti fermi. L’ufficiale della Dia di Caltanissetta si è mosso senza alcuna copertura giudiziaria e le informazioni passate a Vaccarino sono state spifferate a un vecchio mafioso condannato. Ecco perché su richiesta del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Pierangelo Padova e Francesca Dessì il giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini ha firmato l’ordine di arresto.
Il primo contatto fra i due ricostruito dai carabinieri del Ros è del luglio 2016. Si capisce che Zappalà vuole carpire da Antonino Vaccarino notizie su Matteo Messina Denaro. Spera che l’ex sindaco possa riattivare, come è avvenuto in passato, la corrispondenza con il latitante.
Zappalà lavora alla Dia di Caltanissetta. Che c’entra lui con il padrino di Castelvetrano? È un territorio che non fa parte della sua giurisdizione. La Dia nissena per conto della Procura di Caltanissetta si sta occupando delle indagini sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio del 1992, fatti per i quali è attualmente in corso un nuovo processo dinnanzi alla Corte d’Assise con Messina Denaro fra gli imputati. La ricerca del latitante, però, è compito della Direzione distrettuale antimafia palermitana.
Vaccarino si mostra subito disponibile. Seguono incontri e telefonate fra i due. Sono i giorni in cui l’ex sindaco si dà un gran da fare nel tentativo di riscrivere una lunga stagione nel corso della quale dice di essere stato vittima di una “persecuzione” ordita dal collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. Vaccarino lo ha più volte denunciato, ritenendolo il responsabile del suo arresto nel 1992 e della successiva detenzione. È un progetto di revisione condiviso anche da Michele Messineo, vice questore della polizia che nel 1992 era dirigente del commissariato di Castelvetrano. Le dichiarazioni rese da Calcara gli sono constate un’inchiesta chiusa con l’archiviazione nel 1996.
Sono queste le “apparenti ragioni” per cui Vaccarino offre la sua collaborazione a Zappalà e per il successivo instaurarsi di un contatto fra lo stesso Zappalà e Messineo. Quali sono, invece, i motivi per cui Zappalà contatta Vaccarino? Voglia di prendere Messina Denaro? Perché si è prestato a rivelare all’ex sindaco notizie poi girate all’anziano mafioso Vincenzo Santangelo su indagini in corso?
Il 14 dicembre 2016 sorge il sospetto che Vaccarino sia già in possesso di pizzini del latitante: “… perfetto, mi dovrebbe dare le ultime, le ultime, l’ultima corrispondenza epistolare fra voi due”, dice Zappalà. Vaccarino ha voglia di parlare: “… qui ci sono riferimenti che poi le dico che… riferimenti diretti che se solo sapessero a chi tengono bordone, dovrebbero soltanto augurarsi di scomparire nelle più orrende profondità, eppure sono, sono esponenti colleghi suoi…”. Vaccarino, dunque, sostiene di avere notizie importanti, “ma mi fido solo di loro, dei miei amici in quanto affetti…non mi fido più di nessuno, ma di nessuno davvero perché un amico affettuosissimo a cui voglio bene come un figlio l’hanno mandato di corsa… proprio quando proprio sul… sul punto di… anche lui a Napoli, a dirigere, ma chi dirige? Ma chi dirige?”.
Il riferimento potrebbe essere a Giuseppe Linares che, dopo avere coordinato per anni le indagini su Messina Denaro e la mafia trapanese, dalla questura di Trapani qualche anno è stato inviato a dirigere la Dia di Napoli. Zappalà è sulla sua stessa lunghezza d’onda di Vaccarino. Ritiene che c’è “tutta una regia alle spalle”.
Una regia per non catturare Messina Denaro? Vaccarino aggiunge: “Prima ancora di essere operativo in maniera definitiva li voglio tutti qua attorno a me, qua a Palermo o a Bagheria per dire, dove sarà.. ma dico… li vorrò tutti vicini e lo sanno e loro lo sanno”. Vorrà gli amici accanto a sé il giorno in cui, grazie al suo aiuto, sarà arrestato Messina Denaro. Perché Vaccarino ritiene plausibile, anzi vicinissima, la cattura.
Seguono una serie di conversazioni su WhatsApp, praticamente impossibili da intercettare, per parlare e fissare appuntamenti. Fino quando Zappalà non invia una e mail a Vaccarino. Il file allegato è la trascrizione di una conversazione fra “Ciro” e “Sebastiano” del 17 marzo 2017. Una trascrizione che gli ha passato, secondo l’accusa, Giuseppe Barcellona, l’appuntato che ha il compito di ascoltare e trascrivere alcune conversazioni nell’ambito delle indagini sulla cattura del latitante.
A parlare, nel marzo 2017, sono Ciro e Sebastiano, considerarti legati alla mafia di Castelvetrano. Discutono del servizio funebre organizzato dall’agenzia di Vincenzo Santangelo per Lorenzo Cimarosa, cugino di Messina Denaro e morto da collaboratore di giustizia: “…. l’altro giorno viciu gliel’ha fatto lui (Santangelo) capaci il trasporto a quel fradiciume (Lorenzo Cimarosa) a quel cose inutile… era alla Balia l’altro ieri quando ci fu il trasporto che è morto quello, quel rugnoso là… questo si è buttato pentito per sua convenienza…”. Poi fanno dei riferimenti al possibile nascondiglio del latitante, omissati dagli investigatori.
L’8 marzo successivo Vaccarino incontra Santangelo che si giustifica: “…loro, loro comunque stanno pagando fino all’ultimo centesimo e siccome soldi non ne avevano, non ne aveva…'”. Vaccarino: “Non mi interessa… Vice ‘ ma questo non c’entra, Enzo cerca vedi che sei partito per un discorso sballato completamente, che cazzo mi interessa se tu non…”. Vaccarino non lo sta giudicando, vuole metterlo in guardia e gli passa la trascrizione : “…con l’uso che tu sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge, un colloquio tra due secondo me pezzi di fango e nient’altro perché non ce ne è altri qua, eh dice c’è andato a fare il funerale fa finta a questo fango che si è pentito che si lanzò”.
Restano tanti dubbi che il giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini prova ad analizzare: “La strategia dello Zappalà potrebbe essere: la consegna al Vaccarino di notizie segrete attinenti alle indagini in corso sul territorio di Castelvetrano con lo scopo di consentire al Vaccarino medesimo di accreditarsi con esponenti mafiosi quale soggetto dotato di canali privilegiati in grado di fornire loro in tempo reale notizie segrete sulle attività investigative in essere su quello stesso territorio. A sua volta Zappalà, attraverso i crediti così acquisiti dal Vaccarino, avrebbe potuto ottenere da questi indicazioni confidenziali inerenti alla latitanza di Matteo Messina Denaro e questa volta provenienti non da canali comunque istituzionali bensì direttamente dall’interno di Cosa nostra”.
Il tutto però, senza alcun via libera dall’autorità giudiziaria, finendo per spifferare notizie riservate su indagini in corso. Perché poi chiedere aiuto a Vaccarino visto che è ormai da anni noto che volesse attirare in trappola Messina Denaro? Poteva un uomo come lui ottenere di nuovo il favore dei boss? I dubbi sono tanti, ma come sottolinea il Gip c’è un punto fermo. E cioè “una pesantissima e reiterata interferenza sulle indagini che (ormai da anni) impegnano le risorse investigative migliori dello Stato, interferenza realizzatasi al di fuori di ogni controllo non solo da parte della Autorità giudiziaria competente per il territorio di Castelvetrano ma, per quel che risulta, anche da parte di qualsiasi altra autorità. A detta interferenza è certamente seguita la gravissima divulgazione a uomini d’onore, e conseguentemente all’intero circuito mafioso, di dati investigativi sensibili, in quanto ricavati dallo svolgimento di attività di intercettazione in corso”.