Giovanni “l’Americano” non odiava Osama Bin Laden. L’incontro allo Zen, anni fa. Giovanni raccontò la sua storia incredibile: uno “zenioto” coinvolto nel crollo delle Torri Gemelle. Documenti di studi legali e tracce di risarcimento a prova del fatto. Una vicenda da prendere comunque con le molle. Fu pubblicato un articolo. Giovanni, dopo la tragedia, si era convertito all’Islam. Non lo disse chiaramente, ma i suoi sospetti lambivano la certezza ufficiale. C’era lo zampino dell’America nel crollo?
Brutta letteratura complottistica, certo. Fantasie inverosimili. Ancora oggi c’è gente convinta che l’uomo non sia mai andato sulla luna. Da allora, Osama con la sua barbetta e con i suoi occhi stranamente dolci è diventato l’epicentro delle nostre paure, l’uomo nero cui attribuire ogni nefandezza. Lui ci ha messo soprattutto del suo.
Il punto è che, volenti o nolenti, giubilanti o sobri, il nostro bisogno di paura ha perso un punto di riferimento. C’è sempre bisogno di un cattivo nel film di un mondo spaventato. Il bersaglio da odiare, il “terrorista” (è un discorso che vale a prescindere dal soggetto in questione) è utile. Semplifica. Offre risposte e bersagli immediati. Un avversario visibile e scoperto talvolta è una fortuna. Meglio comunque di un tagliagole ignoto acquattato nell’ombra. Adesso che non c’è più Bin Laden, chi prenderà il suo posto?