L'urlo dei precari in piazza | Orlando: "Così la Sicilia muore" - Live Sicilia

L’urlo dei precari in piazza | Orlando: “Così la Sicilia muore”

I dipendenti degli enti locali chiedono la stabilizzazione e respingono l'ipotesi di un'agenzia unica.

La manifestazione regionale
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PALERMO – Facce scure, volti tirati, slogan contro il governo. Sindaci, amministratori, rappresentanti dei sindacati e migliaia di lavoratori precari di comuni, Regione ed ex Province si sono dati appuntamento in piazza Marina a Palermo. Un corteo di protesta che si muove verso Palazzo d’Orleans “per dire no all’agenzia di Faraone e dire sì alla stabilizzazione” spiega Marcello Terzo, segretario provinciale di Cub Pb, tra i sindacati che hanno organizzato la manifestazione insieme a Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl.

Problema che in tantissimi casi si trascina da quasi trent’anni. Nei grandi come nei piccoli comuni. “A Catania siamo in 183”, dice Maria D’Angelo, precaria da 25 anni. “Siamo stufi di aspettare la stabilizzazione – aggiunge – un diritto che dopo tutto questo tempo pensiamo ci spetti”. “Siamo qui per chiedere la conversione del contratto e protestare contro l’idea di un’agenzia,che per noi rappresenterebbe un passo indietro”, è il pensiero di Cettina Giangrande dipendente del comune di Augusta, che da 26 anni aspetta la stabilizzazione. “Perché, spiega, “essere precari significa vivere ogni giorno l’ansia del domani, significa non essere liberi e non poter lavorare in modo dignitoso”.

In piazza a Palermo anche i precari storici del piccolo comune di Gaggi, nel Messinese. “Nel nostro paese interi uffici sono gestiti da contrattisti e articolisti, oltre a molti altri servizi”, racconta Antonio Alibrandi, precario da 27 anni. “A Gaggi, 24 famiglie che aspettano da molti anni la stabilizzazione – spiega -, e in un comune di tremila abitanti come il nostro, significa mettere in pericolo l’intera economia del paese”.

Da otto mesi senza stipendio i precari di Piana degli Albanesi, nel Palermitano. “La Regione non trasferisce i soldi al comune e noi ne facciamo le spese”, spiega Sara Cuccia, precaria dal 1989. Come Annamaria Triolo di Partanna, nel Trapanese. “Ventisette anni di precariato non esistono in nessuna parte del mondo civile. Il comune di Partanna, su 118 posti previsti in pianta organica, ha soltanto 40 lavoratori con il contratto a tempo indeterminato – prosegue Triolo -. È evidente che senza i precari, i servizi si fermerebbero”.

Accanto ai lavoratori anche molti sindaci siciliani.“La tragedia dei precari è la spia del pericolo di chiusura di 390 comuni, perché sono proprio i precari a garantire i servizi essenziali ai cittadini” è il pensiero di Leoluca Orlando, presidente dell’Anci Sicilia e sindaco di Palermo. “Il governo nazionale e regionale si sveglino e la smettano di comportarsi come i capponi di Renzo – aggiunge -, che litigano tra di loro, e nel frattempo la Sicilia muore”. Parole a cui fanno eco quelle di Carmelo Pace, sindaco di Ribera, nell’Agrigentino. “I precari sono ormai indispensabili per gli enti locali. Io non posso immaginare un comune efficiente senza la loro presenza. Dopo 30 anni è arrivato il momento che i governi nazionale e regionale prendano quei provvedimenti necessari per assicurare un futuro certo ai precari e, quindi, anche agli enti locali”.

“Non è più il tempo di annunci e di spot. E nessuno pensi di poter contare su bacini elettorali. Servono risposte immediate e concrete per risolvere il problema delle migliaia di precari degli enti locali. Governo nazionale e governo regionale la smettano di litigare e facciano presto”. Lo dichiarano il segretario generale della Cisl Fp Mimmo Milazzo, il segretario generale della Cisl Fp Gigi Caracausi e il segretario vicario Paolo Montera.

“Per risolvere la questione – continuano Milazzo, Caracausi e Montera – nessuno pensi ad alcuna forma di privatizzazione: i pubblici servizi devono essere gestiti dal pubblico. La politica smetta di dividersi e la smetta di puntare ai lavoratori solo in vista delle elezioni. Trovino risposte immediate nell’interesse dei lavoratori, dei cittadini e degli enti che assicurano servizi vitali: governo nazionale e governo regionale sono già in clamoroso ritardo”.

“Serve che il governo nazionale rimuova i vincoli finanziari dei Comuni e garantisca le risorse per avviare finalmente la stabilizzazione di questo personale diventato essenziale per assicurare i servizi pubblici”. Questa la dichiarazione invece del segretario generale di Fp Cgil Sicilia, Claudio Di Marco, e Enzo Abbinanti della segreteria regionale, in corteo oggi insieme a oltre 5000 lavoratori a tempo determinato di Comuni. Province, Regione, enti regionali e Sanità, Lsu e dipendenti delle ex Province. Secondo Di Marco e Abbinanti, la proposta del governo di costituire una agenzia nazionale, è da bocciare. “Non serve – dicono una nuova Resais perché opererebbe come una agenzia interinale con maggiori margini di discrezionalità. L’unica strada è la stabilizzazione secondo la dotazione organica degli Enti. Ognuno deve però fare la propria parte a partire dal Governo nazionale che deve assicurare le risorse promesse ai Comuni”.

“Siamo in piazza oggi e per l’ennesima volta per tutelare contrattisti e lavoratori del pubblico impiego. Il peggiore governo della storia della Regione siciliana sino ad oggi non è riuscito a dare alcun tipo di risposta nonostante le numerose richieste e mobilitazioni da parte di lavoratori e organizzazioni sindacali. Non esistono promesse mantenute, non esiste una speranza”. Lo sostengono segretari della Uil Fpl Sicilia, Enzo Tango e Luca Crimi, che aggiungono: “Per questo chiediamo al governo Crocetta di cambiare rotta e salvaguardare il futuro dei siciliani perché continuando così non resterà che spostare la vertenza a Roma”.

Una protesta alla quale ha aderito anche il sindacato Csa, in piazza “per chiedere al governo una svolta definitiva per il finanziamento dei Liberi Consorzi e delle Città Metropolitane e per i processi di stabilizzazione dei lavoratori precari degli enti locali”. Due vertenze che, secondo Giuseppe Badagliacca segretario regionale del Csa, vanno “affrontate congiuntamente per dare ai lavoratori tutti le garanzie di un produttivo futuro occupazionale e assicurare i servizi alla collettività”.

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