La settimana scorsa poteva dirsi felice e soddisfatto perche’ i giornali lo avevano ritratto lassu’, nell’olimpo della politica, con Berlusconi e tutti gli uomini di governo che non sapevano e non potevano dirgli di no. Ricordate la fotografia che ha ritratto lui, Gianfranco Micciche’, mentre dava un buffetto paterno nientemeno che a Tremonti? Era la foto del trionfo, quella. Perche’ dietro il gesto si potevano anche leggere alcune parole non dette: caro Giulio, ieri il tiranno eri tu ma oggi il vincitore sono io.
E ricordate la paginata sul Foglio di Giuliano Ferrara? Micciche’, battezzato come “il discolo del Mezzogiorno”, veniva raffigurato non solo con la sapienza e la passione del politico impegnato in una battaglia nobile e non facile; ma anche con la levita’, tutta borghese, di un uomo avvezzo al potere e all’un tempo capace di guardare se stesso con quell’ironia che abitualmente segna la differenza tra un leader e una mezzacalzetta, tra un fuoriclasse e un ominicchio, tra un campione e un quaraquaqua.
Quanto resistera’ questa immagine bella e gratificante? Che cosa rimarra’ del ribelle che per nove settimane e mezzo ha fatto ballare l’onnipotente Cavaliere, il callido Tremonti, il taciturno Alfano, il damascato Schifani, il caramelloso Bondi, il grifagno La Russa, il felpato Dell’Utri, la vellutata Prestigiacomo, l’arcigno Castiglione? Quale futuro si apre – o si chiude – per una figura storica del berlusconismo che, per riemergere dal sottosuolo nel quale lo avevano seppellito i padroni del Pdl siciliano, e’ riuscito a inventarsi quella picaresca genialata del Partito del Sud?
Non sono domande di poco conto. Perche’ l’immagine solare e galoppante del capopopolo che ha avuto la forza di intimidire e ammaliare Berlusconi, rischia ora di affogare nella quotidianita’ di un teatrino siciliano dove guerreggia e spadroneggia un solo figurante: Raffaele Lombardo. Il presidente della Regione, che notoriamente e’ un giocatore solitario, ha cavalcato pure lui il Partito del Sud. Ma i quattro miliardi del Fas conquistati con la battaglia di fine luglio, saranno amministrati dal suo governo, dai suoi tecnici, dai suoi consulenti, dalle persone a lui piu’ vicine. Micciche’, insomma, ha disincagliato l’acqua dalle falde romane ma l’acqua finira’ per alimentare quasi esclusivamente il mulino di Lombardo, sempre alla ricerca di foraggio per gli uomini del suo Mpa. Lo dimostra la spregiudicatezza con la quale ha occupato le poltrone sottratte a Toto’ Cuffaro. Lo dimostrano le pesantissime affermazioni del giudice Morosini a proposito di un suo coinvolgimento, certamente indiretto e inconsapevole, in un torbido capitolo di politica e affari. E lo dimostra soprattutto il rapporto obliquo che Palazzo d’Orleans continua a mantenere con i poteri forti e con i due colonnelli dell’Mpa che puntualmente li rappresentano. Sabato scorso doveva essere firmata da Lombardo un’importante convenzione con l’Enel, e non solo per il rigassificatore di Porto Empedocle; ma all’ultimo minuto la firma e’ saltata. Il vero perche’ non si e’ mai saputo. In compenso e’ trapelata l’indiscrezione, non del tutto rassicurante, che un suo assessore, uno dei puri e duri, avrebbe manifestato non poche perplessita’. Aveva forse intravisto qualcosa di inquietante tra le pieghe di quegli accordi? E, comunque, per quali ragioni Lombardo ha raccolto in tutta fretta le carte e ha rinviato alla settimana successiva una firma tanto pomposamente annunciata? In un paese meno opaco, una risposta pubblica e senza reticenze a simili domande sarebbe piu’ che un dovere. Ma in questa Sicilia sia il silenzio del sultano che quello della platea appartengono all’ordinaria obbligatorieta’ del quieto vivere. Resta in piedi, purtroppo, il problema di fondo. Il governo Lombardo, senza un programma e senza una maggioranza, e’ una barca alla deriva: oggi rischia di schiantarsi sulla connivenza con una lobby e domani va a sfracellarsi sugli scogli dell’Assemblea regionale, come e’ successo per gli Ato rifiuti. Al vicere’ venuto da Catania il fluttuare dell’inconsistenza andra’ magari bene. Ma Micciche’ che convenienza ha ad avallare scelte e comportamenti che non hanno nulla a che vedere ne’ con la buona politica ne’ con l’illuminismo borghese di cui parla tanto nelle interviste ai giornali?
Dispiace ricordarlo a un uomo che, nel confronto diretto con Berlusconi, ha saputo dimostrare fierezza e generosita’. Ma, con questo andazzo, non si va da nessuna parte: Lombardo, senza le briglie di un percorso ben concordato e sottoscritto, continuera’ a predicare moralismo, una specialita’ della casa, e a reclutare sottobanco uomini e ominicchi per il suo partito, strappandoli soprattutto al Pdl. Mentre il “grande ribelle”, il trionfatore delle nove settimane e mezzo, il capopopolo del buffetto a Tremonti, se trascinato nella miseria delle cosuzze siciliane, correra’ inesorabilmente il rischio di appannare giorno dopo giorno la propria figura e la propria storia. Un’ipotesi scellerata per Micciche’. Perche’ a quel punto sarebbe oltremodo difficile segnare il confine tra il leader e le tante mezzecalzette che gli ronzano attorno.
(Pubblicato in Lettere Eretiche, Italpress, 7 agosto 2009)