Sono state complessivamente 37 le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Catania, Luigi Barone, su richiesta del procuratore capo della Dda, Vincenzo D’Agata, e dei dei sostituti Giovannella Scaminaci e Iole Boscarino, nell’ambito dell’inchiesta dei carabinieri che ha consentito di infliggere un duro colpo ai clan mafiosi “Laudani”, denominati anche “mussi i ficurinnia”, e “Mazzei” conosciuti anche come “i carcagnusi”. Dei provvedimenti ne sono stati eseguiti trenta. Sette persone, sfuggite alla cattura, vengono ricercate. Uno dei provvedimenti e’ stato notificato in carcere a Giuseppe Laudani, 27 anni, considerato il reggente dell’omonimo clan. Tra gli arrestati c’e’ anche Sebastiano D’Antona, 37 anni, considerato il reggente del clan Mazzei.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanza stupefacente, trasferimento fraudolento di valori, lesioni, estorsione e sequestro di persona. In relazione a queste ultime tre ipotesi di reato, a 23 destinatari della misura cautelare è stata anche contestata l’aggravante di avere posto in essere comportamenti e metodologie criminali di tipo mafioso.
L’operazione costituisce la conclusione di un complesso iter investigativo condotto dalla Procura e dai militari del Comando Provinciale di Catania per oltre 16 mesi, dal maggio 2006 al settembre 2007, nei confronti di una delle più lucrose attività illegali, quella dello spaccio di sostanza stupefacente, operante a Catania e nel suo immediato hinterland. Nel corso delle indagini sono state recuperate, in diverse occasioni, circa 1,3 chilogrammi tra marijuana, hashish e cocaina, arrestati due 2 pusher e operato il ritardato arresto di altri 7 spacciatori. Il volume d’affari accertato, secondo gli investigatori, corrispondeva a circa 20/25 mila euro di sostanza stupefacente approvvigionata a settimana che immessa nel mercato dello spaccio fruttava sino a 3/4 volte di più. Sequestrata un’agenda contenente l’indicazione dei clienti del gruppo e la somma da questi ancora dovuta.
L’inchiesta ha fatto anche luce su diverse estorsioni ai danni di imprenditori dell’acese, messe a segno direttamente da capi gruppo locali dei Laudani. In tale cotesto ha assunto una particolare connotazione l’estorsione nei confronti del titolare di un automercato dal quale esponenti del clan Laudani si facevano intestare auto di alta gamma, per muoversi agevolmente e con mezzi adatti al loro spessore e rango criminale, senza pagarne l’acquisto.
L’indagine, denomimata, “Abisso 2” ha permesso anche di individuare gli autori delle gravi lesioni subite il giorno di Capodanno 2007 da un addetto alla sicurezza di una famosa discoteca della provincia di Catania, nel corso di una spedizione punitiva condotta da Giuseppe Laudani e altri 6 affiliati del clan. Questi, infatti, sfruttando il nome del clan, si sarebbero presentati nel locale dicendo: “siamo quelli di Canalicchio”, e avrebbero preteso di entrare senza pagare. Ma sarebbero stati respinti, all’ingresso della sala da ballo dall’addetto.
L’episodio provocò dapprima una vasta rissa nel piazzale antistante la discoteca e quindi la decisione di lavare nel sangue lo sgarbo subito; decisione che portò il gruppo criminale a cercare ripetutamente a casa propria il titolare della ditta di sicurezza, senza successo, e a sequestrare, quindi, sotto la presunta minaccia di una pistola uno degli addetti, che venne poi picchiato selvaggiamente.
Su richiesta dei magistrati della Procura distrettuale antimafia catanese, il gip ha disposto anche il sequestro preventivo della ditta “Le carni srl”, con sede ad Aci Sant’Antonio, rispetto alla quale è stato accertato come Laudani ne avesse la titolarità di fatto, ricorrendo all’intestazione fittizia per sottrarsi ad eventuali accertamenti patrimoniali da parte dell’autorità giudiziaria. Per le identiche ragioni il gip ha disposto il sequestro di tre auto nella reale disponibilità del clan.