CATANIA – Nata a Palermo nel 1887 e scomparsa nel 1944, Maria Messina è “una scrittrice ingiustamente ma non inspiegabilmente obliata, accostata alla scrittrice inglese Katherine Mansfield (1888-1923), da Leonardo Sciascia che ebbe a definirla «una Mansfield siciliana», perché praticamente coetanea, anche lei autodidatta e rivalutata in tempi recenti, per l’insofferenza verso la vita di provincia, l’attenzione rivolta alla condizione del mondo femminile e ad aspetti di quotidianità in spazi limitati come l’ambiente domestico”. Sono le parole scelte dalla scrittrice e attivista etnea Marinella Fiume per introdurre Ragazze siciliane.
La prima edizione è del 1921. Si tratta di otto ritratti femminili di inizio Novecento riscoperti e illustrati da Chiara Ciccarello per Lunaria Edizioni (2022). Un nitido spaccato della vita nei piccoli borghi, una Sicilia arcaica fatta di rituali casalinghi, usi e costumi sociali che hanno nutrito per lungo tempo l’immaginario legato all’Isola.
Maria Messina va oltre la facciata delle apparenze, per addentrarsi nelle stanze più riservate delle case piccolo borghesi di paese, e dare voce alle donne che le abitano. Una donna siciliana che scrive e racconta l’eloquente silenzio di altre donne, forse proprio perché consapevole che nessun altro sarebbe stato disposto a farlo. Le ragazze siciliane sono solo all’apparenza umili e umiliate, sono intente a prendere coscienza di sé, a“ribellarsi”, ognuna a proprio modo, alla tragica condizione di subalternità che, da sempre, le vuole ubbidienti e sottomesse.