"Matteo Messina Denaro Spa" | Imprese e società, sequestro da 20 milioni - Live Sicilia

“Matteo Messina Denaro Spa” | Imprese e società, sequestro da 20 milioni

Il sequestro colpisce la rete di "imprenditori al servizio del latitante", come vennero definiti il giorno del blitz "Eden" nel 2013. Finanzieri e carabinieri ricostruiscono gli intrecci attraverso cui Cosa nostra avrebbe controllato commesse pubbliche e private. GUARDA IL VIDEO

TRAPANI – Un lungo elenco di imprese, società e ditte individuali finisce sotto sequestro. Valgono 20 milioni di euro e producono parte del denaro in cui finora ha nuotato Matteo Messina Denaro. Adesso passano in amministrazione giudiziaria. Lo hanno deciso le sezioni Misure di prevenzione dei Tribunali di Palermo e Trapani al termine del lavoro investigativo del Gico del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di finanza di Roma, dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani, sotto la direzione della Procura distrettuale Antimafia di Palermo.

Il sequestro colpisce la rete di “imprenditori al servizio del latitante”, come vennero definiti il giorno del blitz “Eden” nel 2013. A Messina Denaro avrebbero garantito ricchezza e protezione. Dalle indagini è emersa la capacità di Cosa nostra di infiltrarsi nel tessuto economico attraverso società, imprese agricole e attività commerciali, dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia.

I nomi degli imprenditori raggiunti dal decreto di sequestro sono già noti alle cronache: Mario Messina Denaro (cugino del capomafia per conto del quale si sarebbe occupato di estorsioni), Giovanni Filardo (pure lui cugino del latitante e impegnato nel settore dell’edilizia. Dichiarava pochissimo al fisco ed era in possesso di un patrimonio a sei zeri), Francesco Spezia (ritenuto intestatario fittizio della Spe.Fra Cistruzioni srl), Vincenzo Torino e Aldo Tonino Di Stefano (considerati prestanome dell’impresa olivicola “Fontane d’oro”, una delle più importanti nel territorio di Campobello di Mazara), Antonino Lo Sciuto, Nicolò Polizzi e Girolamo Cangialosi.

La ricostruzione degli interessi economici di questi ultimi tre imprenditori si intreccia con le vicende di alcuni grandi appalti e dei rapporti con la mafia palermitana nella stagione in cui boss di San Lorenzo, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, cercarono una sponda nel padrino trapanese. Lo Sciuto era molto vicino alla famiglia Messina Denaro tanto da chiedere e ottenere, per risolvere i nodi della spartizione del denaro, l’intervento di Francesco Guttadauro – il “nipote del cuore di Matteo” – figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro, sorella del latitante. Da Lo Sciuto sarebbero passati i soldi che servivano al sostentamento della famiglia Messina Denaro. Per conto di Cosa nostra trapanese l’imprenditore avrebbe gestito importanti commesse pubbliche e private nella zona di Castelvetrano, tra cui le strade della zona industriale, le opere di completamento del “Polo Tecnologico” di contrada Airone, i lavori per le piazzole e gli impianti elettrici del parco eolico “Vento Divino”, a Mazara del Vallo, in barba al protocollo di legalità firmato fra la Prefettura di Trapani e l’impresa appaltante, la “Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative Srl”.

E poi c’è Nicolò Polizzi, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, ritenuto punto di riferimento per la preparazione degli incontri fra Franco Luppino e i mafiosi palermitani. Luppino avrebbe ricoperto l’incarico di ambasciatore di Messina Denaro quando si discuteva di ricostituire la Commissione provinciale di Cosa nostra. C’era lui a bordo della macchina che stava raggiungendo la villetta di Giardinello dove i Lo Piccolo organizzavano i summit e dove furono arrestati. Alla preparazione dell’incontro avrebbe contribuito anche Cangialosi. Negli anni successivi e dopo l’arresto di Luppino, Polizzi sarebbe diventato il “referente nella gestione di alcune operazioni propedeutiche alla realizzazione del villaggio turistico della catena Valtur, in località Tre Fontane a Campobello di Mazara, ad opera della società Mediterraneo Villages di Carmelo Patti”.

I numeri del sequestro, elencati uno dietro l’altro, fanno capire quanto radicata sia l’infiltrazione mafiosa nell’economia: 3 società, 7 quote societarie e 4 ditte individuali, 12 autovetture, 4 veicoli industriali, 1 motociclo, 13 autocarri, 3 semirimorchi, 1 fabbricato industriale, 1 immobile a destinazione commerciale, 8 immobili ad uso abitativo, 29 terreni, 4 fabbricati rurali, polizze assicurative, titoli azionari, rapporti bancari, depositi a risparmio. Il tutto per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.


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