CATANIA – Docente universitario ed economista di fama, Maurizio Caserta è da tempo impegnato nella società civile etnea. A pochi mesi dalle amministrative di primavera ha rotto gli indugi, dichiarando che si candiderà a sindaco. A LiveSiciliaCatania ha spiegato il suo programma.
A questo punto è sostanzialmente ufficiale la sua candidatura a sindaco di Catania…
Con alcuni amici da qualche tempo ci siamo raccolti in un gruppo che abbiamo chiamato Fondazione Aperta. Dalle parti più diverse, dai partiti, dalle associazioni, da gruppi di cittadini, dagli altri corpi intermedi possono emergere proposte politiche e di amministrazione di una città. C’è una fase informale in cui, attraverso gli strumenti di comunicazione e di informazione, quelle proposte vengono rese note e discusse. Noi ne stiamo costruendo una, che affonda le radici nella tradizione civica, quella che chiama a raccolta i cittadini in momenti di particolare disagio economico, politico e sociale. La sottoponiamo all’attenzione pubblica perché possa essere giudicata e integrata. Quindi, per rispondere alla sua domanda, posso dire che sono disponibile, quando le procedure verranno messe in moto, a candidarmi alla carica di sindaco di Catania per i prossimi cinque anni.
Sarà una “corsa” molto affollata, con parecchi grossi nomi ai blocchi di partenza. Si rischia di andare al ballottaggio con meno dei 30% dei consensi.
Se temessi la competizione non avrei mai accettato di attraversare un passaggio del genere. È tipico delle fasi di trasformazione che le proposte politiche e di governo si affollino e a volte si sovrappongano. La discussione pubblica, anche quella che precede la campagna elettorale, ha il compito di selezionare quelle proposte, per fare emergere le migliori. Oggi il momento è particolarmente interessante perché molti schemi tradizionali cominciano ad apparire vecchi; vi è quindi un nuovo spazio per le sperimentazioni. Personalmente trovo estremamente stimolante ricercare nuove strade. Che non significa l’innovazione fine a se stessa. Significa essere consapevoli che molte proposte del passato non hanno prodotto grandi risultati, sul terreno della giustizia, della equa distribuzione delle opportunità, della libertà di realizzare i propri progetti di vita, di lavoro, di impresa.
Il suo profilo sarebbe perfetto come candidato del Movimento 5 Stelle. Ha provato a fare dei passi in tale direzione? Nessun contatto?
Conosco ancora poco tutte le articolazioni e le proposte del M5S. Trovo però assai interessante ciò che sta succedendo. Molte trasformazioni nella storia sono state prodotte dalla forza di movimenti di uomini e donne. Ma so che la fase del movimento deve essere seguita da una fase in cui la complessità del reale deve essere resa compatibile con la forza e le idee del movimento. Per formazione e temperamento sono incline allo studio delle compatibilità, che è poi la semplice applicazione della logica elementare. Per rispondere alla sua domanda posso dirle che trovo molte delle proposte del movimento assai interessanti, soprattutto quelle che riguardano una riqualificazione dei nostri consumi e quelle che realizzano una forte trasparenza nella gestione della pubblica amministrazione. Sarò quindi molto felice di avviare un confronto.
Quanto crede possa valere l’M5S alle elezioni comunali di una città dal potere carsico come Catania?
Credo che il risultato elettorale del movimento sarà molto buono. Attraversiamo un momento che premia i fattori di cambiamento e di innovazione sociale e politica. Personalmente credo che sarà benefico se potrà comporsi con l’ansia di cambiamento che viene da tanti altri settori della comunità locale.
In città non manca chi le rimprovera una passata vicinanza a Raffaele Lombardo, ma anche la partecipazione agli stati generali del Comune a trazione Pdl-Mpa. Come risponde?
A meno che qualcuno voglia fare riferimento ad arricchimenti personali – in quel caso accanto a quella generica accusa di vicinanza bisognerebbe produrre evidenze di vantaggi impropri – posso dirle che non mi sono mai tirato indietro quando si è trattato di contribuire alla discussione ed elaborazione pubblica di soluzioni per le principali questioni sul tappeto. Soprattutto quando quella offerta veniva da un presidente della mia Regione o da un sindaco della mia città. Trovo che non ci sia nulla di strano in tutto questo; fa parte della mia idea di sano funzionamento del confronto pubblico. Mi faccia osservare però che, molto spesso, questi rilievi di “improprie vicinanze” vengono da aree e soggetti che intendono l’azione politica come pura contemplazione, sorseggiando un calice di prosecco, della propria presunta diversità. Credo che la qualità dell’azione politica si misuri dall’impatto che quell’azione ha sulle principali questioni aperte. Occorrerebbe misurare se le improprie vicinanze producono effetti maggiori o minori del regale isolamento contemplativo.
Il Partito democratico a Catania è irrimediabilmente spaccato. Giuseppe Berretta, Pd lombardiano moderato, ha già annunciato la sua candidatura. Molto probabilmente farà lo stesso Enzo Bianco, Pd antilombardiano radicale. Ma è possibile che tutto in questa città, i positivo o in negativo, ruoti attorno alla figura del leader autonomista?
Questo è decisamente un problema del Partito democratico siciliano e catanese. Il centrosinistra catanese e siciliano è chiaramente in un momento di intensa e a tratti dolorosa trasformazione. Sono interessato a questo processo; ma penso che la semplice riproposizione di schemi del passato debba essere superata. C’è molto di più nel mondo di quell’area politica e culturale della semplice proposizione delle primarie o delle opinioni sul leader autonomista. Credo che il partito democratico dovrebbe riconoscere i cambiamenti in atto e aprirsi al confronto.
Ci dica tre idee forti per il rilancio dell’economia catanese. Le priorità nei primi 100 giorni di una eventuale sindacatura Caserta.
L’economia catanese come quella siciliana rischiano seriamente la marginalizzazione e la povertà. Ciò è dovuto alla inadeguatezza della struttura produttiva, vecchia e inefficiente. In questo quadro si inseriscono le amministrazioni pubbliche, incluso quelle comunali, che offrono un portafoglio di servizi insufficiente. Qualsiasi rilancio economico deve passare anche dalla riqualificazione dei servizi. Tale riqualificazione non può però andare nel senso della riduzione quantitativa, ma deve andare nel senso della redistribuzione sia funzionale sia spaziale. La spesa è mal distribuita tra le funzioni e tra i territori comunali. Il primo grande fattore di rilancio pertanto è una ricognizione puntuale della distribuzione della spesa, da realizzare attraverso la redazione di un trasparente bilancio sociale, seguita da una più ragionevole ed equa distribuzione. Il secondo grande fattore di rilancio è la rimodulazione degli ambiti territoriali di fornitura dei servizi. Occorre una puntuale ricognizione di quei servizi che devono essere gestiti ad un livello dimensionale superiore al Comune, e quelli che possono essere gestiti ad un livello dimensionale inferiore al Comune. Questa ricognizione può estendersi fino a raggiungere ambiti territoriali sub-regionali, come l’intera Sicilia sud orientale. Il terzo fattore di rilancio è l’impiego delle risorse locali immobili. La città di Catania possiede risorse ambientali e culturali che possono essere definite delle superstar. Occorre fare una puntuale ricognizione di queste; lanciare grandi progetti internazionali; aprirsi alle idee ed alle risorse provenienti dall’estero.
E la priorità sociale più urgente?
Tutto quel che ho appena descritto può avvenire solo in un quadro di cooperazione sociale, economica e politica straordinario. La ristrutturazione della dotazione materiale ed immateriale di un territorio è sempre molto costosa. Solo con un appropriato sistema locale di welfare, formale e informale, è possibile affrontare il passaggio. Ma questo nuovo sforzo cooperativo richiede una amministrazione della città forte, coraggiosa, lungimirante, che sia d’esempio al resto della comunità locale. È possibile continuare a sopportare le sofferenze che la crisi economica ha imposto al territorio solo con una rinnovata sobrietà dei comportamenti, che renda meno oneroso il peso che fino ad ora è stato scaricato solo su una parte della popolazione.
Un’ultima domanda. Sono certo categorie superate, ma ancora diffuse fra la gente: lei si ritiene di destra, di centro o di sinistra?
Credo in uno spazio dei diritti fortemente presidiato all’interno del quale ciascuno possa effettivamente e liberamente realizzare il suo progetto di vita, di famiglia, di lavoro, di impresa, di cultura, di fede religiosa. Decida lei se ciò significa essere di destra, di sinistra o di centro.