La Commissione Istruzione del Senato ha dato il via libera alla riforma dell’accesso agli studi in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria stabilendo i principi fondamentali e dando delega al Governo per la definizione di una serie di aspetti di dettaglio.
Le linee guida generali non si discostano in modo significativo da quanto già discusso su Livesicilia lo scorso mese di marzo e prevedono il mantenimento del numero chiuso (ancorché ancora ampliato ed in accordo alla previsione del fabbisogno futuro di medici, odontoiatri e veterinari). La principale variazione rispetto al sistema attuale sta nel meccanismo di accesso, che non sarà più costituito da un test, bensì da un primo semestre aperto a tutti coloro che vorranno iscriversi e che, di fatto, realizzerà la selezione degli iscritti al secondo semestre e agli anni successivi.
Premesso che, al di là delle linee generali, gran parte della qualità e dell’efficacia della riforma dipenderà dagli aspetti di dettaglio di cui ai decreti attuativi, credo di poter evidenziare subito alcuni, rilevanti punti critici. Nell’ordine:
- È previsto l’accesso libero al primo semestre dei corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria, in cui ragazzi e ragazze studieranno discipline qualificanti comuni a tutti i corsi di studio di area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria, garantendo programmi uniformi, coordinati e armonizzati a livello nazionale. Si tratta di una popolazione superiore a 60.000 studenti all’anno, per una grande Università come Palermo non meno di 2.500-3.000 studenti. L’esperienza, inoltre, insegna che l’accesso libero stimola una maggiore quantità di studenti a provare ad iscriversi, superando il freno psicologico del test.
È evidente la criticità: le strutture universitarie ad oggi esistenti non sono assolutamente sufficienti, né in termini di aule, né, tanto meno, di laboratori per reggerne l’impatto. Lo stesso per il personale docente, anche in considerazione della delicatezza del momento degli esami di profitto, che diventano ancora più importanti e gravosi con la riforma proposta, in quanto determinanti ai fini dell’ammissione al secondo semestre e quindi in definitiva agli studi di medicina. Quanti corsi paralleli dovranno essere organizzati considerando che la numerosità massima prevista per una classe di medicina è 80 studenti? In quali aule? Con quali laboratori? Dove sono tutti i docenti necessari per corsi (ed esami) qualificati e regolari?
La riforma resta molto generica sulla necessità di un potenziamento di strutture e personale, rinviando ai successi decreti. Ma è evidente che, se si pensa di lavorare a costo zero, la riforma sarà un completo fallimento, in particolare se qualcuno immagina di affidarsi a corsi on line o ad esami di profitto con quiz a risposta multipla (anche detti test a crocette).
- Dopo il primo semestre, l’accesso al secondo dipende dal posizionamento utile in una graduatoria unica di merito nazionale. Alla graduatoria si accede avendo conseguito tutti i crediti formativi (CFU) del primo semestre, ma la posizione – è lecito pensarlo – avverrà in funzione delle votazioni conseguite nei diversi insegnamenti. Quali garanzie possono immaginarsi per l’uniformità del giudizio agli esami su tutto il territorio nazionale? Vista l’importanza della questione, il livello di attenzione sugli esami sarà massimo ed è lecito immaginarsi una valanga di ricorsi al TAR ad ogni occasione. Come si pensa di gestire il tema a livello di decreti attuativi? Con i test a crocette?
- Nel precedente sistema, una delle criticità peggiori era rappresentata dei costosissimi corsi privati di preparazione ai test che venivano inevitabilmente a creare una pesante e odiosa barriera all’ingresso in funzione del reddito familiare dei candidati. Ebbene…la riforma peggiora la situazione! Il comma m) dell’articolo 2, traveste i corsi con percorsi di orientamento e di sviluppo delle vocazioni e, di fatto, li istituzionalizza. Addirittura, prevede che la loro frequenza sia valorizzata nell’ambito dell’attribuzione dei CFU previsti per la formazione della graduatoria unica nazionale.
Pertanto, se si vuole sperare di arrivare in una posizione utile nella graduatoria per proseguire gli studi di medicina, diventa assolutamente obbligatorio frequentare questi percorsi. Insomma, la riforma crea un nuovo e lucrosissimo business, sul quale i privati, ma anche gli ordini delle professioni sanitarie, saranno prontissimi a gettarsi. Si chieda alle Università di organizzarli. Si eviti di renderli obbligatori nei fatti. Se ne faccia carico lo Stato rendendoli gratuiti. Ma si eviti di peggiorare la situazione.
In definitiva, già da una prima e veloce lettura appare chiaro che la riforma proposta va migliorata sia nel dibattito parlamentare, che al momento dell’adozione dei decreti attuativi. Certamente non può avvenire a costo zero! La Ministra ed il Governo nazionale non possono pensare che una riforma così delicata si possa fare senza un serio programma di investimenti sul nostro sistema sanitario ed universitario.