Leo Sutera aveva un compito delicato. Cercare un referente palermitano per Matteo Messina Denaro. Uno affidabile, all’antica, lontano dal cliché dei nuovi mafiosi che tanto infastidisce il latitante di Castelvetrano. Un personaggio con cui il capomafia trapanese voleva discutere dei nuovi assetti di Cosa nostra e, soprattutto, che prendesse a cuore le sorti dei detenuti corleonesi e dei loro parenti. Perché Messina Denaro – forse turbato dalle notizie del vero, presunto o simulato tentativo di suicidio di Bernardo Provenzano – non dimentica che corleonese è la famiglia mafiosa che lo ha allevato. Cercava così un referente unico per limitare i contatti ed evitare il rischio di essere intercettato.
Ecco i retroscena dell’indagine che ha spaccato la Procura di Palermo. Da un lato i pubblici ministeri che danno la caccia al padrino trapanese e dall’altro quelli che braccano la mafia agrigentina. Questi ultimi, assieme alla polizia, lunedì scorso hanno fermato 47 persone. Un lungo elenco che comprende il nome di Sutera, indicato come il nuovo capomafia della provincia di Agrigento. Il suo arresto avrebbe mandato all’aria la pista che avrebbe potuto portare i carabinieri del Ros al boss di Castelvetrano. Il procuratore aggiunto Teresa Principato non le ha mandate a dire e ha scritto una e mail ai colleghi della Dda, criticando la scelta del procuratore Francesco Messineo di dare il via libera al blitz. Al botta e risposta Principato-Messineo si uniscono le parole di Vittorio Teresi, l’aggiunto che coordina le indagini sulla mafia di Agrigento: “Lo sviluppo polemico sui giornali ha avuto come effetto quello di individuare nel procuratore Messineo il solo responsabile della decisione di dare il via libera al blitz. Io ho una delega piena e sono l’unico responsabile di questa scelta. Ho seguito gli sviluppi delle indagini dei colleghi che si occupano della mafia di Trapani e ho fatto sempre in modo di non ostacolare l’inchiesta sulla ricerca di Messina Denaro”. Teresi rivendica, dunque, la scelta di intervenire precisando che “per mesi abbiamo lasciato campo libero assoluto alle indagini su Messina Denaro anche quando in qualche modo avevano ripercussioni sul territorio agrigentino. L’informativa che ha portato all’operazione contro le cosche agrigentine è di 9 mesi fa. Il blitz non era più procrastinabile perché a carico dei fermati c’era un pericolo di fuga attuale e per i gravi indizi criminosi che derivavano dal piano di creazione di un nuovo mandamento mafioso. Io – conclude – ho sottoposto con forza la richiesta al procuratore dopo avere fatto un bilanciamento di interessi ed avere ritenuto che gli elementi fornitici dagli investigatori fino a lunedì non erano convincenti circa la concreta possibilità di sviluppi imminenti legati alla cattura di Messina Denaro”.
Di avviso opposto investigatori e pm che si occupano della caccia al latitante. Davvero credevano che la pista Sutera fosse quella giusta. E non solo per arrivare al latitante, ma anche per conoscere i nuovi assetti della mafia palermitana. Sutera sarebbe stato fotografato, e più volte, mentre ritirava dei pizzini nella zona di Agrigento. Il mittente sarebbe proprio Messina Denaro. Il latitante cercava un punto di riferimento nella Cosa nostra palermitana. E avrebbe affidato la missione a Sutera, entrato in contatto con alcuni personaggi che contano nelle dinamiche mafiose del capoluogo siciliano. Le indagini avrebbero potuto svelarne l’identità.
Le microspie piazzate in città per altre indagini in questi mesi hanno registrato una situazione di fermento con il susseguirsi di summit a Palermo. Nonostante la certezza di essere seguiti i boss non possono fare a meno di confrontarsi. In ballo c’è qualcosa di davvero importante, qualcosa per cui si è obbligati a rischiare. Alcuni incontri sono stati svelati, altri restano top secret. Tra quelli ormai noti, c’è la riunione al ristorante Villa Pensabene, nel quartiere san Filippo Neri, ex Zen, dove il 7 febbraio 2011 Giulio Caporrimo, reggente di San Lorenzo, ha convocato vecchi e nuovi boss. Non è escluso che all’inizio fosse proprio Caporrimo l’uomo in grado di dialogare con Messina Denaro. Dopo il suo arresto chi ne ha preso il posto? E’ questo l’interrogativo a cui stavano cercando di dare risposta magistrati e carabinieri del Ros. L’arresto di Sutera avrebbe mandato a monte le indagini che avrebbero potuto portare alla cattura del superlatitante ma anche offrire uno spaccato aggiornato della mafia palermitana. Un’ipotesi respinta con forza dai pm della Dda con delega su Agrigento.