PALERMO – “Dopo 25 anni di sofferenza, mezzo secolo di dolore sapendo di essere innocente e di avere servito con onore lo Stato, le Istituzioni e la Patria arriva finalmente l’assoluzione, dall’Italia e dall’Europa”. Così Bruno Contrada commenta con l’ANSA, con voce provata e commossa, la sentenza di revoca della sua condanna a 10 anni inflitta all’ex funzionario di polizia, accusato di concorso in associazione mafiosa. La condanna è stata interamente scontata dall’ex n.2 del Sisde. “Ho sofferto molto e molto più di me – aggiunge – ha sofferto la mia famiglia. Il mio pensiero va a tutti loro, che mi sono sempre stati sempre vicini. Il mio onore? Non l’ho perduto mai, ho sempre camminato a testa alta perché ho sempre e solo fatto il mio dovere”. Bruno Contrada incontrerà i giornalisti per una conferenza stampa alle 15 nello studio del suo legale, l’avvocato Stefano Giordano, in via Garzilli a Palermo.
*Aggiornamento ore 13.23
“E’ una pronuncia molto importante, perché dimostra, anzitutto, che i diritti umani vanno presi sul serio, e che le sentenze – a tutti i livelli – vanno rispettate”. Il professor Vittorio Manes, difensore di Bruno Contrada insieme all’avvocato Stefano Giordano, risponde così alla richiesta di un commento sulla decisione della Cassazione che ha revocato la condanna a 10 anni per concorso in associazione mafiosa, inflitta a Palermo all’ex numero due del Sisde. A Contrada questa decisione, prosegue il docente dell’università di Bologna, “restituisce quanto meno la dignità: quel valore immateriale, proprio di ogni essere umano, che mai può acquistarsi per meriti né perdersi per demeriti”. “Qui, sotto un profilo squisitamente giuridico – spiega il professor Manes – una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha giudicato illegittima la sentenza di condanna nei confronti di un soggetto, ritenendo che al momento dei fatti la legge italiana sulla cui base Contrada era stato condannato, non fosse chiara, né certa né prevedibile: e la garanzia della chiarezza e prevedibilità della legge penale è un diritto fondamentale, che vale per tutti”. A questa sentenza della Corte europea, “sino ad ora, con varie argomentazioni, i giudici interni non avevano dato seguito, quasi facendola cadere nel vuoto; la sentenza della Cassazione finalmente vi da seguito e dà piena esecuzione alla sentenza di Strasburgo, dichiarando ineseguibile e improduttiva di effetti la condanna”.