CATANIA – A soli 11 anni un bambino di Catania ha espresso la sua volontà ineludibile. Non sente ragioni: lui vuole vivere con sua madre. Eppure per il tribunale il piccolo Fabio (nome di fantasia) deve essere affidato al padre e trasferirsi da lui. La decisione è stata adottata in appello e i giudici hanno fatto cadere anche l’appiglio della sospensiva. Da un giorno all’altro Fabio, che quando gli assistenti sociali sono stati a casa sua si è rifiutato, urlando e piangendo, di andare da suo papà, potrebbe essere oggetto di un allontanamento coattivo da casa della mamma.
Una vicenda di strettissima attualità, totalmente diversa ma che alla mente riporta il caso che in questi giorni sta riempiendo le cronache, la cosiddetta “famiglia della casa nel bosco”, a cui sono stati tolti i figli con l’uso delle forze dell’ordine. Qui però la storia è tutta diversa. Non sono intervenuti gli assistenti sociali se non nell’ambito di una battaglia legale tra una coppia di coniugi di Catania. E vi è poi la volontà di un bambino, che non vuole sentire ragioni: lui vuole vivere con sua mamma.
L’avvocato: “Mia cliente è una brava madre”
È un caso insolito, considerato che l’orientamento in genere induce quasi sempre i tribunali a dare i figli alla madre, dopo la fine di una coppia. Eppure secondo l’avvocato Giuseppe Lipera, che difende la madre, non ci sono motivi particolari. “La Corte di Appello – afferma – ha deciso così, ma la mia cliente è una brava madre. Ad opporsi non siamo semplicemente noi in quanto patrocinatori della madre: stiamo cercando in tutti i modi di dare voce a questo ragazzino. Ha quasi 12 anni, non può non contare nulla il suo parere. Nessuno lo ha condizionato”.
Fabio un anno fa fu protagonista di un fatto di cronaca. Si rivolse spontaneamente alla polizia. Inventò, dopo essere scappato dalla scuola, di essersi perso ma poi disse la verità: non voleva andare a vivere da suo padre. Voleva la mamma. Era il dicembre 2024. Da allora di fatto ha vissuto sempre con sua madre. E la questione non si è posta perché la Corte d’appello, dopo la decisione, aveva sospeso l’esecuzione dell’affidamento al papà. Ora la sospensiva non è stata concessa.
La posizione sulla volontà del bambino
Come intende muoversi la difesa? “Abbiamo fatto ricorso in Cassazione – ribatte l’avvocato Lipera -. Ma non solo. Al tempo stesso ho presentato un’istanza alla stessa Corte chiedendo nuovamente di concedere una sospensiva, in attesa che si pronunci la Suprema Corte. Inoltre abbiamo presentato una formale istanza alla Cassazione, chiedendo di fissare con la massima urgenza l’udienza”.
In questa istanza, il legale riassume anche in parte la vicenda. “La Corte d’Appello, disponendo l’affidamento esclusivo del minore al padre e ordinandone il trasferimento coatto tramite forze dell’ordine – scrive Lipera – ha determinato una condizione di ansia estrema, terrore e sofferenza profonda nel minore. Rifiuta categoricamente di recarsi presso il genitore affidatario”. Anche gli esperti nominati dalla Corte hanno confermato “il grave malessere del minore”.
La difesa: evitare danni alla stabilità emotiva del ragazzo
“I tentativi di trasferimento, effettuati nonostante la piena collaborazione della madre, sono risultati inefficaci e traumatici, confermando che l’esecuzione coatta della sentenza costituisce un rischio reale e immediato per l’incolumità psicofisica del minore”, sottolinea ancora l’avvocato Lipera.
“Gli specialisti hanno ribadito che la prosecuzione del trasferimento forzato può causare danni irreparabili alla stabilità emotiva e alla salute mentale del minore”. Il precedente dell’anno scorso, come detto, fu oggetto cronaca.

