CATANIA – “Mi ha puntato la 7.65 al petto. Quando gli ho tolto il berretto ho visto che aveva l’età di mio figlio. Gli ho detto: “hai rischiato la vita””. Racconta così quei drammatici istanti il poliziotto catanese della Squadra Antirapine che lunedì sera si è trovato ad un passo dalla morte: o la propria, o quella del rapinatore che gli aveva appena rivolto l’arma addosso rischiando di farsi sparare. Lui non l’ha fatto. Senza nemmeno sapere che quell’uomo alto un metro e ottanta – che aveva appena assaltato la pompa di benzina e che minacciava di farlo fuori in un colpo solo – era un ragazzino di quattordici anni.
Questione di riflessi. Il grilletto poteva scattare in un attimo: la propria pistola d’ordinanza era carica e puntata contro l’aggressore. L’istinto dell’agente di polizia, per anni alla Catturandi e adesso alla Squadra Antirapine, gli ha fatto estrarre l’arma subito dopo aver visto la canna della 7.65, la più usata negli omicidi a Catania, puntata contro il suo petto. Ma lui, 46 anni di cui 27 passati in divisa, non ha sparato e con voce ferma gli ha detto: “Butta la pistola“. Il rapinatore non lo ha capito ed è rimasto fermo, gelato, col braccio teso contro di lui e l’arma in pugno. Per un altro istante, il rischio di uno sparo fatale. Così il poliziotti gli si è buttato addosso e lo ha scaraventato a terra riuscendo a disarmarlo. Tolto il cappello, lo ha guardato in faccia e si è reso conto che poteva essere suo figlio.
“Noi – racconta l’agente a Live Sicilia Catania – eravamo pronti ad intervenire perchè in passato lo stesso distributore aveva subito altre rapine. Vediamo arrivare queste tre persone sul motorino, all’orario di chiusura. Tutti e tre col volto coperto. Capiamo che è giunto il momento di intervenire. Affronto l’uomo armato e con lo scaldacollo sul viso: è ben piazzato, alto quasi un metro e ottanta, col bomber addosso. Inimmaginabile che poi potessi trovare un ragazzino, un bambino. Non esita a spostare la pistola, che aveva puntato in testa contro il benzinaio, verso di me: ribadisco più volte di buttare la pistola ma lui non capisce che deve effettivamente buttarla. Continua a puntarla e neanche mi risponde. Anche io ho la pistola in mano: per difesa. Ci guardiamo negli occhi. Intuisco il pericolo, la situazione può degenerare. Estraggo la pistola e gli ripeto di buttare via l’arma. Così mi catapulto verso di lui: in un corpo a corpo, cadiamo a terra e riesco a disarmarlo. Nel frattempo, gli altri colleghi sono impegnati con gli altri due rapinatori. Quando gli tolgo il cappello gli domando: “quanti anni hai?”. Lui risponde: “Quindici”. E io a lui: “Hai rischiato la tua vita”. Rimane zitto, anche quando lo portiamo in macchina con noi: la spavalderia che aveva prima si è conclusa davanti al fatto che aveva comunque quasi quindici anni”.
“L’adrenalina ce l’avevo anch’io – confessa il poliziotto – non lo nascondo. Non è una situazione tranquilla, anche se siamo abituati ad affrontare pure questi pericoli. Stavolta è andata bene, sia per lui che per me. In ventisette anni di servizio – aggiunge l’agente – non mi è mai successo niente di simile: ci sono state altre situazioni di pericolo, che sono state gestite nel modo migliore. Stavolta non so cosa sia successo: forse la freddezza, il raziocinio, l’esperienza, il fatto di essere padre di famiglia. Ho un figlio di 16 anni. Non siamo giustizieri, siamo poliziotti“.
Nel video catturato dalle immagini di videosorveglianza e diffuso dalla Polizia, si vede chiaramente (a sinistra dello schermo) il rapinatore mentre punta la pistola in testa contro il benzinaio. E’ in quel momento che il poliziotto interviene e, dopo la colluttazione, riesce a buttare a terra il malvivente ed arrestarlo. Le pistole impugnate dai tre banditi sono entrambe pesantissime riproduzioni di arme vere. Niente a che vedere con le “pistole giocattolo” di plastica, col tappo rosso: impossibile, anche per le Forze dell’Ordine, distinguere queste armi di metallo da quelle reali. I tre, tutti incensurati, sono adesso nel centro per minori di via Franchetti: le accuse sono rapina aggravata, resistenza, violenza e lesioni
Il sangue freddo e la professionalità dell’agente e dei suoi colleghi è stata riconosciuta anche dal capo della Squadra Mobile di Catania Antonio Salvago: “Con altissima professionalità – ha spiegato a Live Sicilia Catania – i poliziotti della Sezione Antirapine hanno gestito una situazione ad alto rischio. Non hanno perso la calma, ed hanno affrontato criminali armati ed incappucciati riuscendo a bloccarli ed arrestarli”.