"Mi impedirono di arrestare | Provenzano e Messina Denaro" - Live Sicilia

“Mi impedirono di arrestare | Provenzano e Messina Denaro”

La denuncia del maresciallo capo dei carabinieri, Saverio Masi, oggi caposcorta del pm Di Matteo. Il militare, che ha presentato un esposto alla Procura di Palermo, denuncia le pressioni cui sarebbe stato sottoposto per farlo rinunciare alla cattura dei due latitanti.

PALERMO – Il maresciallo capo dei carabinieri Saverio Masi, oggi caposcorta del pm Nino Di Matteo, ha presentato una denuncia alla procura di Palermo in cui, a distanza di anni, rivela il nome del suo superiore e di tutti gli altri che avrebbero ostacolato le indagini su Provenzano prima e Messina Denaro poi. Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, il racconto del carabiniere copre un arco di tempo che va dal 2001 al 2007 e denuncia le pressioni cui sarebbe stato sottoposto per farlo rinunciare alla cattura dei latitanti. ”Noi non abbiamo intenzione di prendere Provenzano! Non hai capito niente allora? Ti devi fermare!”, avrebbe detto il superiore di Masi. ”Hai finito di fare il finto coglione? Dicci cosa vuoi che te lo diamo. Ti serve il posto di lavoro per tua sorella?”. Lo stesso sarebbe accaduto con Matteo Messina Denaro. Masi afferma di aver incrociato il latitante in strada, a bordo di un’utilitaria, nel marzo del 2004, e di averlo seguito fino a una villa, ma di non aver ricevuto l’autorizzazione a proseguire le indagini.

Masi, dunque, sostiene di essere stato a un passo dall’arresto di importanti boss latitanti come Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, e di essere stato bloccato dai suoi superiori. Adesso, a distanza di anni, ha presentato un esposto alla Procura di Palermo. Gli episodi raccontati dal sottufficiale  si riferiscono al periodo fra il 2001 e il 2007. Masi afferma di avere condotto indagini, anche personali, per risalire al covo di Provenzano, poi arrestato nel 2006, ma di avere subito ostacoli e pressioni di ogni tipo. Un copione che si sarebbe ripetuto con Matteo Messina Denaro. Il sottufficiale, sentito come teste nell’ambito del processo contro il generale Mario Mori, non aveva fatto cenno in aula a questi episodi parlando invece del mancato sequestro del ‘papello’ contenuto nella cassaforte di Massimo Ciancimino. Una circostanza che gli sarebbe stata riferita da un altro carabiniere.

Nel corso della stessa udienza aveva deposto anche il giornalista dell’Unità Saverio Lodato, contattato da Masi a giugno del 2006. “Venne a casa mia – ha raccontato Lodato – insieme a un altro carabiniere per dirmi che dovevano parlarmi di una cosa importante. Mi accennarono che erano a un passo dalla cattura di Messina Denaro e che i superiori volevano bloccarli”. Il giornalista, che ha smentito Masi che aveva sostenuto di averlo cercato per raccontargli del mancato sequestro del papello, non diede credito ai due militari e lasciò cadere la cosa. Il sottufficiale è anche sotto processo per falso ideologico e materiale e tentata truffa, per aver chiesto l’annullamento di una multa subita con un’auto privata durante quelli che lui ha definito alcuni appostamenti per motivi di servizio. Nei giorni scorsi una lettera anonima ha lanciato l’allarme circa un attentato nei confronti del Pm Nino Di Matteo, che conduce anche le indagini sulla trattativa Stato-Mafia. Una persona ben informata sugli spostamenti del magistrato che segnalava anche i punti deboli del suo sistema di protezione annunciando l’intenzione di Cosa Nostra di ucciderlo.

 

 


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