Miccichè e l'arte della guerriglia

Miccichè e l’arte della guerriglia

Gli alleati piazzano piccoli ordigni lungo il sentiero del Musumeci bis di giorno in giorno. Come finirà?

PALERMO – Più che una guerra, una guerriglia. La partita degli alleati di Musumeci per Palazzo d’Orleans richiama alla mente quella che il grande Timoniere definiva “l’arte di fiaccare i nemici con tante punture di spillo”. Miccichè e alleati piazzano piccoli ordigni lungo il sentiero del Musumeci bis di giorno in giorno. L’obiettivo? Il logoramento. 

L’aula della discordia 

Lo spettacolo andato in scena a Sala d’Ercole sembra andare in questa direzione. Il duello in aula con il capogruppo azzurro Tommaso Calderone che alza il livello dello scontro e apre la questione ricandidatura in aula (argomento tabù sfatato in un luogo probabilmente poco consono) suscitando la reazione di Musumeci e l’intervento del presidente dell’Ars (che da arbitro diventa a tutti gli effetti giocatore della partita) è la rappresentazione plastica del nervosismo che si mastica nella maggioranza. Dal voto per i delegati per il voto del Colle in poi il copione sembra ripetersi. 

Il colpo di scena 

Un’altra scena madre è quella di giovedì scorso: quando Miccichè viene indicato come candidato alla presidenza in quota Forza Italia in occasione di una riunione che lascerà l’amaro in bocca a tanti (in primis al senatore Renato Schifani che non viene nemmeno invitato e agli assessori lealisti e filomusumeciani Marco Falcone e Gaetano Armao che non si presentano). I lealisti fanno trapelare che le truppe si stanno organizzando e che la partita dentro Forza Italia è da considerarsi tutt’altro che conclusa. Il colpo di teatro miccicheiano tuttavia crea una crepa nella maggioranza e apre la pista alla presentazione di più candidature da discutere. “Ogni partito presenterà un suo candidato per fare sintesi”, è il mantra che si recita con insistenza ed è già una piccola (ma fastidiosa) picconata al presidente che ha sempre avuto dalla sua il fatto di non avere competitor. Al momento opportuno si giocherà a carte scoperte e i “nomi” dei papabili saranno ufficiali. 

La mozione D’Urso

Tante punture di spillo, si diceva. Come la mozione presentata dal capogruppo di Forza Italia per sollevare dall’incarico l’ingegnere Tuccio D’Urso e discussa in aula a pochi minuti dall’annuncio della candidatura di Miccichè alla Presidenza. Un voto che ottiene il via libera dal Parlamento. Ieri Musumeci para il colpo e opta per la censura (non per la revoca per motivi legati alla situazione emergenziale). Un modo per rispondere alle richieste del Parlamento.

Una settimana di fuoco

 L’agenda palermitana della prossima settimana fa presagire un nuovo fuoco di fila. Occhi puntati sulla giornata di martedì. In mattinata all’Ars è prevista la conferenza stampa di Cateno De Luca “sulle prospettive di sviluppo e sul governo della Regione”.  Tradotto: una mozione di sfiducia nei confronti di Musumeci all’indomani dell’entrata in vigore ufficiale delle proprie dimissioni da sindaco di Messina. Una mina vagante che si aggira a Palazzo nel giorno (non casuale) in cui l’aula torna a riunirsi per discutere di Pnrr. Non sono da escludere gli effetti speciali. E nel frattempo si rincorrono le voci di possibili rimescolamenti, tentazioni draghiane e ammiccamenti con pezzi di centrosinistra che evocano lo spettro del 2012 (quando il centrodestra diviso apre la porta di Palazzo d’Orleans a Rosario Crocetta). Suggestioni o no, di certo questo turbinio di allusioni sono l’ennesima puntura di spillo che rende il clima tutt’altro che sereno. In Sicilia. E si attende che Roma faccia la propria parte. La prossima settimana dovrebbe tenersi, sostengono i beneinformati, un incontro romano tra Miccichè e Salvini. Ma nessun big, dicono, resterà a guardare. 


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