Michele Musumeci: |"Si doveva colpire Colombrita" - Live Sicilia

Michele Musumeci: |”Si doveva colpire Colombrita”

Sono le dichiarazioni di Michele Musumeci a chiudere il cerchio in merito all'indagine che ha portato a svelare i presunti esecutori del tentato omicidio di Orazio Pardo, componente del clan Cappello.

I RETROSCENA DEL TENTATO OMICIDIO
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CATANIA –  E’ la droga l’affare che fa saltare gli equilibri tra le cosche catanesi. Nel 2009, anno in cui fu tentato di uccidere Orazio Pardo e nei confronti dei presunti sicari e mandanti questa mattina la Squadra Mobile ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, era forse iniziata una lotta tra i Cursoti Milanesi e i Cappello. I collaboratori di giustizia hanno fornito ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania elementi dettagliati per ricostruire le vicende e gli assesti di quel periodo, ma dietro all’ordine di uccidere Orazio Pardo il primo ottobre del 2009 ci sarebbe molto di più di una estorsione contesa. Il quadro, infatti, si fa molto più chiaro quando ad aprile 2012 inizia a collaborare il giovane Michele Musumeci che interrogato dai magistrati spiega i retroscena di quella che poteva sfociare in una sanguinosa guerra di Mafia.

Pm: Cioè c’era un contrasto fra i due per un estorsione?
Musumeci Michele: Si, ma non solo, questo è stato una scintilla finale, perché prima c’era il fatto per la piazza del corso Indipendenza.
P.M: Per la piazza di spaccio?
Musumeci Michele: Per la piazza di spaccio, perché era una piazza forte…

Insomma Corso Indipendenza rappresentava il motivo basilare del contendere tra Giovanni Colombrita, ritenuto capo dei Cappello e Francesco Di Stefano dei Cursoti Milanesi  e come dimostra l’ultima operazione (chiamata appunto Indipendenza) la piazza poteva far lucrare all’organizzazione che la gestiva fino a 6 mila euro in un solo weekend. Un piatto troppo ghiotto per lasciarselo sfuggire. Ma la miccia che fa esplodere il progetto criminale che poi porterà all’ordine di freddare Pardo sarà il pagamento del pizzo da parte di un costruttore edile che Colombrita aveva fatto sapere – sempre secondo le ricostruzioni delle indagini –  attraverso una serie di incontri e messaggi che fosse “roba” sua. Francesco Di Stefano a quel punto farà scattare l’agguato. Il vero bersaglio però era la mente dei Cappello. Michele Musumeci nelle sue dichiarazioni è chiaro in merito.

PM: Perché viene deciso di sparare a Orazio Pardo?
Musumeci Michele: Non era deciso di sparare Orazio Pardo
P.M. Mi spieghi com’è stato?
Musumeci Michele: Era, si doveva colpire Giovanni Colombrita, ma Giovanni Colombrita da casa non scendeva….

Il piano, insomma, come era stato progettato fallisce. Il commando composto da due macchine – racconta sempre Michele Musumeci – decide di andarse e per “una casualità” nel loro percorso si imbatte in Orazio Pardo: che si sapeva era “compare” di Colombrita., seguito da Turi Leotta. Le indicazioni – secondo il collaboratore di giustizia erano precise: “ci interessava proprio prendere o Giovanni Colombrita o … soprattutto Giovanni Colombrita, poi se capitava anche a Orazio Pardo“.

Dalle dichiarazioni rese l’agguato poteva avere successo: dalla macchina piovono pallottole che distruggono la smart dove era a Bordo Pardo. “Noi come pensavamo – dichiara Musumeci al PM– “ma chistu comu si savvau! Questo come si savvau?!” in base alla macchina com’era, che ce l’avevano raccontato com’era combinata la Smart, si è salvato perché addosso aveva, usava, un giubotto antiproiettili…”

Questo scenario insieme alle dichiarazioni degli altri collaboratori di giustizia, con gli elementi investigativi emersi dall’Inchiesta Revenge, hanno permesso agli inquirenti e agli investigatori di chiedere l’arresto dei tre, con Francesco Di Stefano, nel ruolo di mandante e Nicola  Parisi e Rosario Angrì come componenti del gruppo di fuoco che attentarono alla vita di Orazio Pardo e Salvatore Leotta la notte del primo ottobre 2009.

 

 


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