Pare che la situazione si sia capovolta. Per capire quanto rapidamente possano cambiare gli equilibri nella politica siciliana, basta guardare a come si stanno evolvendo i rapporti – se di rapporti si può ancora parlare – tra l’Mpa e il Pdl ufficiale. Se fino alla seduta dell’Ars di mercoledì, sembrava fosse Raffaele Lombardo a dover inseguire l’accordo con i lealisti per salvare governo e poltrona, oggi sono i lealisti a rincorrere il presidente della Regione per trovare in extremis un’intesa che non li lasci isolati. L’ordine del giorno, presentato dall’asse Mpa-Pdl Sicilia e contenente dure critiche all’operato di quel governo nazionale di cui autonomisti e scissionisti fanno parte, ha avuto l’effetto di un cavallo di Troia, tanto che lo stesso Giuseppe Castiglione si è detto “molto sorpreso” dalla rottura di Lombardo. Alla possibilità di una rappacificazione con i deputati dell’area Alfano-Schifani, il governatore guarda ormai con una certa diffidenza e con un secco “potevano pensarci prima”.
Ma naturalmente i giochi non sono ancora chiusi. Per come stanno adesso le cose, tutto dipenderà dalle decisioni del Pd, che a sua volta si aspetta da Lombardo l’azzeramento della giunta (dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno) e il definitivo abbandono del centrodestra: in quel caso, l’ipotesi di un appoggio esterno diverrebbe molto probabile e il Pdl rimarrebbe tagliato fuori dal governo. Così, a Castiglione non resta altro che attendere le prossime mosse del leader dell’Mpa, che a suo dire avrebbe in sostanza l’unico torto di essere “ostaggio di Micciché”. E nella sua personalissima partita a scacchi col sottosegretario, il coordinatore regionale del Pdl avrà anche il compito di evitare la perdita di altri pezzi a favore del gruppo dei “ribelli”. Il primo segnale d’allarme in tal senso è venuto dall’assessore lealista Nino Beninati, che ha votato a favore dell’ordine del giorno voluto da Lombardo e soci, sebbene Castiglione si sia affrettato a chiarire come Beninati aveva già comunicato in precedenza che non avrebbe potuto votare contro il governo in un passaggio così delicato.
C’è un altro scenario all’orizzonte. Se Castiglione dovesse essere eletto – come sembra quasi certo – alla guida dell’Unione delle province italiane, potrebbe rinunciare alla carica da coordinatore, specialmente se servisse “a rasserenare il clima” interno alla vecchia maggioranza. In questa eventualità, il riavvicinamento tra autonomisti e scissionisti da un lato e Pdl ufficiale dall’altro sarebbe probabilmente più agevole, visto che Micciché chiede da tempo la sua testa e Lombardo stesso farebbe volentieri a meno di un alleato come il presidente della provincia di Catania.
Pare che la situazione si sia capovolta. Per capire quanto rapidamente possano cambiare gli equilibri nella politica siciliana, basta guardare a come si stanno evolvendo i rapporti – se di rapporti si può ancora parlare – tra l’Mpa e il Pdl ufficiale. Se fino alla seduta dell’Ars di mercoledì, sembrava fosse Raffaele Lombardo a dover inseguire l’accordo con i lealisti per salvare governo e poltrona, oggi sono i lealisti a rincorrere il presidente della Regione per trovare in extremis un’intesa che non li lasci isolati
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