PALERMO – Le indagini si sono chiuse con un nulla di fatto. Gli ignoti che avrebbero minacciato Massimo Ciancimino sono rimasti tali. Solo che sono passati otto anni dall’apertura del fascicolo. In mezzo ci sono un un paio di richieste di proroghe e qualche accertamento. E così quando il mese scorso il giudice per le indagini preliminari si è visto richiedere l’archiviazione l’ha respinta e ha fissato un udienza camerale il prossimo primo giugno. Probabilmente per capire cosa sia accaduto in tutti questi anni, se è stato fatto il possibile per accertare la verità oppure ordinare un supplemento di indagini.
Nel 2008 gli episodi finirono al centro della cronaca. Massimo Ciancimino disse di avere subito minacce. Erano i giorni in cui iniziava la sua collaborazione con i magistrati di Palermo e la sua credibilità era all’apice prima che iniziasse a vacillare. Il figlio di don Vito era l’uomo della Provvidenza, giunto a svelare gli indicibili accordi alla base della stagione delle bombe. Le prime pagine dei giornali erano tutte per lui.
Il fascicolo fu aperto nel giugno del 2008 e affidato al procuratore aggiunto Antonio Ingroia (al quale è poi subentrato Vittorio Teresi) e al sostituto Antonino Di Matteo. Ciancimino disse che gli era stato recapitato a casa un pacco con una bomboletta di gas e una siringa. Poi, qualche mese dopo, in dicembre, riferì di essere stato inseguito nel tragitto dall’aeroporto a Palermo da un un uomo in sella ad una motocicletta. Ciancimino jr aveva annotato il numero di targa che risultò appartenere ad un mezzo rubato. Infine anche il fratello, Giovanni Ciancimino, raccontò di avere subito minacce.
E così scatto la denuncia. Ciancimino oggi è assistito, come parte lesa, dall’avvocato Roberto D’Agostino. I Ciancimino sono parte lesa della vicenda. Il fascicolo fu aperto a carico di ignoti per il reato di minaccia, aggravata dall’articolo 7, previsto quando il reato viene commesso nell’interesse di Cosa nostra. Ad otto anni di distanza e a sei dall’ultima richiesta di proroga a nulla si è approdato. Il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa, però, ritiene che la faccenda, così come è stata presentata dai pm, non può essere chiusa.