Misteri, indagini, archiviazioni: il duplice omicidio dell’acciaieria

Misteri, indagini, archiviazioni: il duplice omicidio dell’acciaieria

L'assassinio di Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio attende la data del 25 marzo

CATANIA – Da una parte la richiesta di archiviazione della Procura di Catania. Dall’altra, l’opposizione delle famiglie Rovetta e Vecchio.

Un’inchiesta che, di fatto, non si è mai conclusa. E che ha visto un annullamento con rinvio di una precedente archiviazione da parte della Cassazione per la mancata notifica della richiesta alle parti civili. L’assassinio di Rovetta e Vecchio resta ancora senza colpevoli.

L’assassinio di Rovetta e Vecchio

L’assassinio di stampo mafioso del manager Alessandro Rovetta, 37 anni, e del direttore del personale Francesco Vecchio, 52, uccisi la sera del 31 ottobre 1990 dopo avere lasciato la sede delle acciaierie “Megara”, resta ancora un giallo. Su esecutori e movente.  

Un duplice omicidio consumato attorno alle ore 19. Le due vittime avevano da poco lasciato gli uffici dello stabilimento industriale a bordo di una Peugeot 305. L’auto era guidata da Francesco Vecchio: si trovavano sulla strada che dall’azienda conduceva alla tangenziale di Catania. Fu lì che avvenne l’agguato: con un commando che entrò in azione esplodendo diversi colpi d’arma da fuoco.

Il 25 marzo

Nelle settimane scorse la Procura di Catania, attraverso i Procuratori Francesco Puleio e Ignazio Fonzo ha presentato istanza di archiviazione. Dalle famiglie, come detto, è giunta invece l’opposizione al provvedimento. In tal senso, il gup Marina Rizza ha fissato l’udienza in Camera di consiglio per il 25 marzo 2025.

La famiglia Vecchio ha fatto anche richiesta di avocazione: quindi il Procuratore generale potrebbe revocare la richiesta di archiviazione e avocare il procedimento per dare avvio ad ulteriori indagini.

Gli indagati nel procedimento sono il capomafia Aldo Ercolano, Orazio Privitera, Giovanni Rapisarda, Vincenzo Vinciullo, Carmelo Privitera e Francesco Rapisarda.

La richiesta di archiviazione 

La procura dopo avere svolto gli accertamenti ha ritenuto “il quadro probatorio non mutato”, anzi, si legge nella richiesta “deve ribadirsi che si sono ulteriormente rafforzati, da ultimo dopo l’interrogatorio di Eugenio Sturiale, gli elementi che escludono la responsabilità” dei sei imputati e che “non consentono di esercitare l’azione penale” nei loro confronti. 

Mutuando la precedente richiesta la procura osserva che “non appare neppure concepibile esercitare l’azione penale, in relazione a un episodio delittuoso di eccezionale gravità come quello di cui si ragione, sulla base della piattaforma indiziaria manchevole e incompleta sin qui succintamente riassunta”. 

Una scelta, sottolinea la Procura, che “non potrebbe portare al rinvio a giudizio dei prevenuti”, anzi, si spiega, “ancora peggio, nella ipotesi (improbabile) di evoluzione dibattimentale del procedimento, il labile quadro probatorio condurrebbe certamente a una assoluzione nel merito degli indagati, conferendo a soggetti nei confronti dei quali sussistono comunque elementi di sospetto una inopportuna patente di innocenza”.

L’opposizione dei familiari 

Le famiglie Rovetta e Vecchio si sono opposti alla richiesta di archiviazione. Lo hanno fatto, chiaramente, attraverso i loro legali.
“Mario Buda (del clan Sciuto) ha riferito ad almeno due soggetti (Ferone e Squillaci) circa la responsabilità di Privitera e Russo, del clan Sciuto, nell’omicidio Rovetta-Vecchio, e ciò avuto riguardo ad interessi dei Rapisarda all’interno delle acciaierie”, scrivono.

“I fratelli Rapisarda, che vantavano diversi appalti alla Megara, erano a disposizione del clan Sciuto, come confermato dal collaboratore Giuseppe Nicotra. Anche la moglie di Alessandro Rovetta ha raccontato che il marito le aveva riferito di contrasti tra Vecchio con gli imprenditori Rapisarda.

“Sotto un altro versante, anche i Santapaola si occupavano dell’estorsione alle acciaierie, da cui incassavano cento milioni all’anno, come accertato dalla Squadra mobile di Catania.

Francesco Squillaci, del clan Santapaola, oltre a raccogliere le confidenze di Mario Buda ha riferito di una spedizione punitiva predisposta dallo stesso clan Santapaola nei confronti di Buda, Privitera e i fratelli Barbagallo.

Meritano un approfondimento, le seguenti investigazioni suppletive:

Confronto tra Mario Buda e Giuseppe Ferone;

Confronto tra Mario Buda e Francesco Squillaci;

Audizione di: Paola Setti Carraro, Marisa Fiorani, Arianna Mazzotti, dott. Angelo Aparo, Alex Galizzi e senatrice Enza Rando.

Accertamenti sulla mail inviata da Maurizio Agosta ed eventuale audizione dello stesso.

I motivi della Procura

Ed ai motivi dell’opposizione delle famiglie Rovetta e Vecchio, sono giunte nei giorni scorsi le osservazioni della Procura. Per i pm, “l’opposizione si caratterizza per via delle generiche indicazioni. 

In primis, sugli amplissimi temi d’indagine da effettuarsi mediante complicatissime indagini e consulenze tecniche sulla situazione dell’impresa Acciaierie Megara”. Ed ancora, con la sollecitazione “ad espletare degli interrogatori nei confronti di soggetti gravati da plurimi pregiudizi penali, radicati da decenni in logiche e contesti di criminalità organizzata e sinanco condannati alla pena dell’ergastolo o a quella di decenni di reclusione (Aldo Ercolano, Orazio Privitera). 

Senza che sussista alcun concreto elemento da contestare ai medesimi, nella pura speranza che detti criminali, dopo aver taciuto per trent’anni causali e modalità del duplice omicidio decidano improvvisamente e improvvidamente di ammettere i fatti in contestazione”.

“Con richiesta di ripetizione – a distanza di oltre trent’anni dall’omicidio – delle consulenze e degli accertamenti tecnico balistici e medico-legali che pure, effettuati con la massima ampiezza e cura nell’immediatezza dei fatti, non sortirono esiti processualmente rilevanti”.

“Appaiono in radicale e insanabile contrasto tra loro – proseguono i pm Fonzo e Puleio – (Maurizio Avola, Filippo Malvagna, Eugenio Sturiale, Francesco Schillaci, Giuseppe Ferone). Costituiscono generiche propalazioni de relato (Filippo Malvagna, Eugenio Sturiale, Francesco Schillaci e Giuseppe) Ferone, prive del requisito della specificità e della individualizzazione, che rievocano il portato di narrazioni apprese da altri soggetti. Sono il frutto di mere deduzioni logiche (Giuseppe Ferone, Santo La Causa)”. 

Infine: “Quanto alle propalazioni di Maurizio Avola, le stesse fanno riferimento a circostanze direttamente conosciute, ma patiscono di tutte e tre le manchevolezze gnoseologiche sopra esposte apparendo per sovrappiù intrinsecamente contraddittorie, incoerenti nel tempo e pertanto di dubbia attendibilità”.

Dopo la richiesta di archiviazione e le opposizioni, resta da attendere la data del 25 marzo prossimo. Alla ricerca di una verità che, a distanza di 34 anni, non c’è ancora. L’assassinio di Rovetta e Vecchio resta irrisolto.


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